Dopo una “diagnosi di tumore maligno” che si è rivelata “totalmente sbagliata” a una donna è stato asportato lo stomaco “per errore“: è accaduto nel 2016 ad una 53enne e, secondo la Procura di Monza, per quell’operazione non necessaria, che le ha provocato una “malattia certamente o probabilmente insanabile“, la perdita di un organo, sono finiti a processo 2 chirurghi dell’Irccs Multimedica di Sesto San Giovanni. La donna è parte civile, assistita dall’avvocato Francesco Cioppa.
Il pm di Monza ha disposto la citazione diretta a giudizio per lesioni colpose gravissime di due medici.
L’avvocato Cioppa ha evidenziato “insieme all’inaudita gravità del comportamento negligente ed imperito mantenuto dagli imputati, l’incomprensibile ed inaccettabile indifferenza mostrata sia da questi, sia soprattutto dalla struttura sanitaria in cui questi operavano ed operano, nei confronti delle sorti della paziente e delle immani sofferenze a lei inferte“.
Secondo l’imputazione, dopo l’intervento di gastrectomia totale del 4 aprile 2016, la 53enne, che per circa dieci mesi non riuscì ad avere una vita normale, diede il “consenso informato” a quell’asportazione per una “diagnosi di tumore maligno dello stomaco rivelatasi totalmente sbagliata e priva di qualsiasi riscontro“. I due medici, “componenti l’equipe che ha prescritto, programmato, gestito ed effettuato l’intervento“, tra le altre cose – scrive il pm – hanno “interpretato in maniera completamente errata la Egds (esofago-gastro-duodenoscopia,ndr) e la Tac addominale del 31 marzo 2016“, e hanno “formulato un’errata diagnosi di carcinoma gastrico” senza “attendere l’esito delle biopsie eseguite“. Non avrebbero inoltre spiegato “le ragioni della scelta di eseguire un’asportazione totale rispetto alla possibilità di procedere ad una asportazione parziale dell’organo“.
“Ridotta ormai ad uno scheletro vivente, il 19 aprile (del 2016, ndr) venni dimessa e rimandata a casa“: ha raccontato la donna, che dice di avere subito “una vera e propria brutale, indegna ed ingiustificabile, sul piano scientifico, mutilazione“. Nella querela la 53enne, madre di tre figli, racconta come si arrivò da un incidente stradale fino all’asportazione: solo il 27 maggio 2016 da un “nostro consulente” medico “avemmo la conferma” che la diagnosi di tumore allo stomaco era “priva di fondamento scientifico“, spiega. “Giammai – scrive la donna nella denuncia del 30 giugno 2016 – avrei immaginato di ritrovarmi nello stato di assoluto sconforto e di prostrazione fisica e psichica, quale quello in cui verso ora, indottomi dai devastanti ed inumani effetti invalidanti di un macroscopico, inspiegabile, incredibile, errore diagnostico e terapeutico“.
Il 25 marzo 2016 un incidente stradale le causò alcune contusioni, un trauma cervicale e sintomi come nausea e vomito. Il 31 marzo venne ricoverata all’ospedale di Sesto dove fu sottoposta a vari esami tra cui una ecografia, e “una esofagogastroduodenoscopia, con biopsia di controllo“. Le dissero che era “portatrice di ulcera gastrica in fase di recrudescenza“. Purtroppo, ha spiegato, “non era quella la verità sulle ragioni del mio ricovero“: una dottoressa, “richiamato mio marito in separata sede, disse a costui che io ero affetta da una grave forma di tumore maligno allo stomaco (…) Ero distrutta. Tumore, quindi, non ulcera gastrica“. L’operazione avvenne il 4 aprile, il 5 maggio fece una visita nello stesso ospedale, dove arrivò come un “cadavere ambulante” e dove le venne detto che gli “esami istologici erano negativi” e che era “risultata afflitta esclusivamente da un’ulcera gastrica“. “Chiedemmo alla dottoressa del perché, in assenza di tumore alcuno, mi era stato comunque asportato lo stomaco, ricevendo da questa una laconica risposta ‘signora, la gastrectomia andava comunque effettuata per le altre patologie che la affliggevano!“.