Tumore ovarico: olaparib in associazione a bevacizumab aumenta il tempo libero da progressione

Il carcinoma ovarico è l’ottava più comune causa di morte per cancro nelle donne di tutto il mondo, con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 19%
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AstraZeneca e MSD annunciano i risultati positivi dello studio di fase III PAOLA-1, che ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da progressione (PFS) nelle donne con tumore ovarico avanzato di nuova diagnosi.

Lo studio ha confrontato l’utilizzo di olaparib in associazione a bevacizumab verso bevacizumab come monoterapia nel trattamento in prima linea di mantenimento per tutte le pazienti, indipendentemente dallo stato mutazionale o dall’esito di un precedente intervento chirurgico. I risultati mostrano che olaparib in combinazione con bevacizumab ha ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte del 41% e migliorato la PFS con una mediana di 22,1 mesi rispetto ai 16,6 mesi nelle pazienti trattate con bevacizumab da solo (HR 0,59; IC 95%: 0,49 – 0,72; p < 0,0001).
Il profilo di sicurezza e tollerabilità di olaparib in associazione a bevacizumab è risultato in linea con quanto mostrato in studi precedenti per ciascuno dei farmaci e senza alcun peggioramento della qualità di vita.
I risultati dello studio PAOLA-1 sono stati presentati nell’ambito del Presidential Symposium al Congresso della European Society of Medical Oncology (ESMO) 2019 a Barcellona.
La Prof.ssa Nicoletta Colombo, Professore Associato Ostetricia-Ginecologia Università Milano-Bicocca e Direttore Programma Ginecologia Oncologica dell’Istituto Europeo Oncologia, ha commentato: “PAOLA-1 è il secondo studio di fase III positivo che ha coinvolto olaparib nel setting di mantenimento in prima linea del tumore ovarico avanzato. Un anno dopo la presentazione dei dati dello studio SOLO-1, questi risultati confermano l’efficacia di questo PARP inibitore nelle pazienti con mutazione BRCA e dimostrano un vantaggio significativo anche nelle pazienti che non presentano tale mutazione”.
Il Prof. Sandro Pignata, Direttore reparto Uro-Ginecologico Istituto dei Tumori Pascale Napoli ha aggiunto: “Per le donne con tumore ovarico avanzato il rischio di recidiva è molto elevato. Nel 70% di loro la malattia tende a rimanifestarsi entro tre anni dalla diagnosi iniziale. Il fine del trattamento di mantenimento in prima linea per queste pazienti è proprio quello di ritardare quanto più possibile la recidiva. Nello studio PAOLA-1, i risultati con olaparib, aggiunto a bevacizumab, sono stati significativi e dimostrano la potenzialità di ridurre del 41% questo rischio. Lo studio rappresenta inoltre un esempio di collaborazione tra l’industria e l’accademia essendo stato condotto in partnership con i gruppi di studio MITO (Multicenter Italian Trials in Ovarian cancer and gynecologic malignancies) e MANGO (Mario Negri Gynecologic Oncology group)”.
Lo studio ha incluso anche analisi di sottogruppo, comprendenti popolazioni con mutazione BRCA (BRCAm) e con più ampia deficienza di ricombinazione omologa (HRD). Nel sottogruppo BRCAm-positivo, olaparib aggiunto a bevacizumab ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte risultando in una PFS mediana di 37,2 mesi vs 21,7 mesi (HR 0,31; IC 95%: 0,20 – 0,47) e di 18,9 mesi vs 16 mesi nel sottogruppo che non mostrava mutazioni di BRCA (HR 0,71; IC 95%: 0,58 – 0,88). Nel sottogruppo HRD-positivo, che costituisce circa la metà delle donne con tumore ovarico avanzato di nuova diagnosi e include BRCAm, la PFS mediana con olaparib e bevacizumab è pari a 37,2 mesi vs 17,7 mesi con bevacizumab da solo (HR 0,33; IC 95%: 0,25 – 0,45). Nel sottogruppo HRD-positivo, non BRCAm, la PFS mediana è pari a 28,1 mesi con olaparib aggiunto a bevacizumab vs 16,6 mesi con bevacizumab da solo (HR 0,43; IC 95%: 0,28 – 0,66). Nel sottogruppo HRD-negativo/sconosciuto, la PFS mediana è pari a 16,9 mesi con olaparib aggiunto a bevacizumab vs 16 mesi con bevacizumab da solo (HR 0,92; IC 95%: 0,72 – 1,17).
Olaparib, che è stato sviluppato e commercializzato congiuntamente da AstraZeneca e MSD, è approvato per il trattamento del tumore ovarico avanzato e del carcinoma mammario metastatico ed è stato usato per trattare più di 25.000 pazienti in tutto il mondo. È l’unico inibitore PARP con studi di fase III positivi in quattro diversi tipi di tumore (ovaio, mammella, pancreas e prostata).

Lo studio PAOLA-1
PAOLA-1 è uno studio di fase III, in doppio cieco, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di olaparib in aggiunta a SoC, bevacizumab, vs bevacizumab da solo, come trattamento in prima linea di mantenimento in donne con tumore ovarico sieroso o endometrioide, delle tube di Falloppio o peritoneale, avanzato, in stadio FIGO III-IV di alto grado, che hanno mostrato risposta completa o parziale al trattamento in prima linea con chemioterapia contenente platino e bevacizumab.
PAOLA-1 è uno studio ENGOT (European Network of Gynaecological Oncological Trial groups), sponsorizzato da ARCAGY Research (Association de Recherche sur les CAncers dont GYnécologiques) per conto di GINECO (Groupe d’Investigateurs National des Etudes des Cancers Ovariens et du sein). ARCAGY-GINECO è un gruppo accademico specializzato in ricerca clinica e traslazionale in oncologia e membro del GCIG (Gynecologic Cancer InterGroup).

Informazioni su olaparib
Olaparib è un inibitore, first-in-class, della poli ADP-ribosio polimerasi (PARP) e il primo trattamento mirato che blocca la risposta al danno del DNA (DDR) in cellule e tumori che presentano una deficienza della riparazione di ricombinazione omologa, come le mutazioni BRCA1 e/o BRCA2. L’inibizione di PARP con olaparib porta al blocco del PARP legato alle breccie della singola catena di DNA, fermando le forchette di replicazione, il loro collasso e la generazione di brecce di DNA a doppia catena e alla morte delle cellule tumorali. Olaparib è stato testato in una gamma di tipi di tumore PARP-dipendenti con difetti o dipendenze nella via DDR.
Olaparib è attualmente approvato in 64 Paesi, compresi quelli dell’Unione Europea, per il trattamento di mantenimento del carcinoma ovarico recidivato platino-sensibile, indipendentemente dallo stato di BRCA. È approvato negli Stati Uniti, nell’Unione Europea, in Giappone e molti altri Paesi come trattamento di mantenimento di prima linea del carcinoma ovarico avanzato con mutazione del gene BRCA (BRCAm) in seguito alla risposta alla chemioterapia contenente platino. È anche approvato in 43 Paesi, inclusi gli Stati Uniti e il Giappone, per il carcinoma mammario metastatico BRCAm HER2-negativo germline precedentemente trattato con la chemioterapia. Nell’Unione Europea, questo include anche il tumore mammario localmente avanzato. Revisioni regolatorie sono in corso in altre giurisdizioni sia per il carcinoma ovarico che per il carcinoma mammario e pancreatico.

Olaparib, che è stato sviluppato congiuntamente da AstraZeneca e MSD, è approvato per il trattamento del carcinoma ovarico avanzato e per il carcinoma mammario metastatico ed è stato usato per trattare più di 25.000 pazienti in tutto il mondo. Olaparib possiede il programma di sviluppo di studi clinici più ampio e avanzato di qualsiasi inibitore PARP e AstraZeneca e MSD stanno lavorando insieme per capire come può influire, in monoterapia e in combinazione, su molteplici tumori PARP-dipendenti e in diversi tipi di cancro. Per AstraZeneca, leader nel settore, olaparib rappresenta un prodotto fondamentale nel portafoglio dei potenziali nuovi farmaci che prendono di mira i meccanismi DDR nelle cellule tumorali.

Il carcinoma ovarico
Il carcinoma ovarico è l’ottava più comune causa di morte per cancro nelle donne di tutto il mondo, con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 19%. Nel 2018, sono stati diagnosticati quasi 300.000 nuovi casi e circa 185.000 decessi.

Informazioni sulla deficienza di ricombinazione omologa (HRD)
Le deficienze di ricombinazione omologa (HRD) comprendono un’ampia gamma di anormalità genetiche, incluse le mutazioni BRCA, che possono essere rilevate con vari test, tra cui il Myriad My Choice HRD test. Le mutazioni BRCA sono soltanto una delle molte HRD trovate in circa la metà delle pazienti con tumore ovarico avanzato di nuova diagnosi e conferiscono sensibilità agli inibitori PARP, compreso olaparib.

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