Il topinambur è conosciuto in tutto il mondo e soprattutto negli Stati Uniti come “il carciofo di Gerusalemme”, nonostante non appartenga alla famiglia dei carciofi (ma a quella dei girasoli) e non sia originario della città israeliana. Fu scoperto da Samuel Champlain, un esploratore francese che, perlustrando le terre vicine a Cape Cod, oggi nello stato del Massachusetts, poco a sud di Boston, rimase ammaliato dal gusto di questo tubero che associò, per gusto, al carciofo.
Si tratta di un ortaggio poco noto che andrebbe certamente riscoperto: rispetto alla patata è un po’ meno nutriente, ma ha interessanti proprietà che lo rendono molto utile per chi soffre di diabete, di colesterolo alto, per chi è a dieta e per le neomamme.
Parente stretto del girasole, appartenente alla famiglia delle Asteraceae, l’Helianthus tuberosus è la radice di una pianta vigorosa che produce un fiore simile a una grossa margherita, dalla forma contorta e nodosa, di colore beige o bordeaux all’esterno e bianco internamente.
Consumato crudo, condito con olio, limone, sale e prezzemolo, oppure grattugiato direttamente sulle insalate, cotto in padella, a vapore o fritto, il topinambur contiene poche calorie (solo 30 kcal per 100 gr. di prodotto), è formato dall’80% di acqua e contiene fibre alimentari solubili che possono essere solo parzialmente metabolizzate dalla microflora intestinale, favorendo lo sviluppo di batteri utili (bifidobatteri e lattobacilli), a scapito dei batteri potenzialmente patogeni, avendo quindi un’azione probiotica. Il topinambur ha un buon quantitativo di glucidi, composti quasi esclusivamente dal polisaccaride inulina: è proprio quest’ultimo che lo rende adatto a diabetici e persone in sovrappeso.
L’inulina non viene digerita dagli enzimi e passa integra fino al grande intestino, dove i batteri la fermentano: si tratta di una fibra alimentare e, come tale, riduce l’assorbimento di glucosio, trigliceridi e colesterolo, diminuisce l’indice glicemico dei cibi glucidici e migliora la funzionalità intestinale.
Per prevenire e gestire il diabete di tipo 2, strettamente correlato alle abitudini alimentari e di vita, è fondamentale la terapia nutrizionale, nella quale si raccomanda l’assunzione di alte dosi di fibra solubile. L’inulina contenuta nel topinambur può essere un notevole aiuto: le singole molecole di fruttosio che la compongono non esercitano lo stesso effetto che avrebbero se assunte come zucchero semplice.
Il tubero è consigliato anche alle donne che allattano, adatto ad anziani, bimbi e convalescenti; contiene soprattutto vitamina A e vitamine del gruppo B (ma anche vitamina E, C, e K) che migliorano il funzionamento della vista e lo rendono utile nei casi di spossatezza fisica, anemia, stress, ed anche sali minerali (ferro, potassio, silicio, fosforo, magnesio) e aminoacidi quali asparagina ed arginina.
Inoltre, grazie all’arginina, aiuta le normali funzioni del fegato e favorisce la cicatrizzazione.
Il tubero che abbassa colesterolo e glicemia alta
Si è osservato che, grazie all’inulina, dopo l’assunzione di topinambur il livello di glicemia nel sangue resta invariato: è tale caratteristica a renderlo un alimento consigliato alle persone con diabete.
Il tubero è un alimento leggero e facilmente digeribile, utile anche per combattere i disturbi intestinali.
E’ ipocalorico e ricco di fibre, favorisce il raggiungimento del senso di sazietà, e aiuta a tenere sotto controllo gli attacchi di fame.
Aiuta a ridurre i livelli di colesterolo nel sangue, e grazie ai suoi effetti diuretici e al contenuto di potassio, può aiutare a ridurre la pressione arteriosa.
E’ inoltre naturalmente privo di glutine e può dunque essere consumato, anche sotto forma di farina, anche dai celiaci.
Come abbassare colesterolo, pressione e glicemia “tagliando” le calorie
La sperimentazione, parte di un progetto in corso con i National Institutes of Health, si basa sull’ipotesi dei ricercatori che non è solo la perdita di peso a portare a questi miglioramenti salva-cuore, ma un cambiamento metabolico più complesso, innescato mangiando meno calorie di quelle ‘bruciate’.
“C’è qualcosa nella restrizione calorica, un qualche meccanismo che non capiamo ancora, che si traduce in questi miglioramenti“, ha detto l’autore principale dello studio, William E. Kraus, cardiologo e professore di medicina alla Duke. “Abbiamo raccolto campioni di sangue, muscoli e altro da questi soggetti e continueremo a indagare su questo segnale metabolico, o molecola magica” misteriosa.
Dopo due anni di studio, i partecipanti hanno anche mostrato la riduzione di un biomarcatore che indica un’infiammazione cronica, collegata a malattie cardiache, cancro e declino cognitivo. “Questo dimostra che anche una modifica non così importante, come quella che abbiamo applicato in questo studio, potrebbe ridurre il ‘peso’ del diabete e delle malattie cardiovascolari nel nostro Paese“, ha detto Kraus. “Le persone possono” eliminare poche centinaia di calorie al giorno “abbastanza facilmente, ad esempio evitando spuntini dopo cena“.
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