Dopo la pasta al glifosato, adesso tocca al caffè. Tra le aziende nel mirino vi è la Nestlé che con il suo Nescafé e Nespresso ha generato un mercato di 21,7 miliardi di dollari nel 2018 e che adesso si trova a dover fronteggiare una alquanto onerosa questione.
Da alcune indagini è emerso che nei chicchi brasiliani e indonesiani sono contenuti livelli di glifosato vicini al limite normativo. Nel Nescafé e nel Nespresso sono infatti stati individuati abbondanti residui di glifosato che confermano una notevole presenza del pesticida nella sua materia prima.
Da Bloomberg si apprende che il più grande torrefattore del mondo ha informato i fornitori che attuerà una campagna di controlli straordinari, almeno fino a che i livelli di diserbante non caleranno sensibilmente.
“Monitoriamo attivamente i residui chimici, incluso il glifosato, nel caffè verde che acquistiamo”, ha dichiarato Nestlè in una nota. “Questo programma di monitoraggio ha dimostrato che in alcune forniture i livelli di residui chimici sono vicini ai limiti definiti dalle normative. Stiamo rafforzando i nostri controlli in collaborazione con i fornitori per garantire che il nostro caffè verde continui a soddisfare le normative in tutto il mondo”
I controlli aggiuntivi riguarderebbero principalmente il caffè che viene spedito in Europa, Australia e Malesia, dove i limiti legali sul glifosato sono più severi rispetto alla maggior parte degli altri paesi, in particolare rispetto al Brasile.
Nestlé afferma: “I nostri agronomi continueranno a lavorare con i coltivatori di caffè per aiutarli a migliorare le loro pratiche di gestione delle infestanti, compreso l’uso appropriato degli erbicidi e l’adozione di altri metodi di diserbo”.