La celiachia potrebbe non essere più un problema: una nuova terapia sperimentale potrebbe essere in grado di “bloccare” gli anticorpi: in tal modo i pazienti hanno potuto mangiare glutine per 2 settimane senza avere conseguenze al livello intestinale.
La ricerca è stata condotta presso la Northwestern Medicine e resa nota in occasione della conferenza “European Gastroenterology Week” in corso a Barcellona.
I soggetti che si sono prestati alla sperimentazioni, sono riusciti, pur essendo celiaci, a tollerare il glutine riconoscendolo come sostanza innocua mediante l’installazione di un “nanodispositivo“. Lo studio parte dalla consapevolezza che la celiachia, a differenza di quanto pensano in molti, è una malattia autoimmune in quanto l’organismo individua nel glutine una sostanza “nemica” e spinge il proprio sistema immunitario a innescare una reazione autoimmune che danneggia le pareti intestinali.
Questo studio getta le basi a una possibile cura risolutiva: la nanoparticella iniettata nel sangue dei pazienti immette i macrofagi, cellule immunitarie che vengono poi messe a contatto con il glutine. Tali cellule, a loro volta, “avvertono” il sistema immunitario dell’innocuità della proteina del grano, prevenendo così reazioni avverse e generando di conseguenza una desensibilizzazione, ossia una tolleranza immunologica al glutine. Nei test clinici i pazienti trattati hanno potuto consumare glutine per 14 giorni senza avere nessuna reazione infiammatoria autoimmune nell’intestino, come avviene invece ogni qualvolta un soggetto celiaco consuma glutine.
“È uno studio del tutto innovativo – afferma in un commento Giovanni Cammarota, associato di Gastroenterologia del Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia della Fondazione Policlinico A Gemelli IRCCS, Università Cattolica di Roma – una specie di desensibilizzazione al glutine, simile all’approccio in uso oggi con alcune allergie. È chiaro che questo è uno studio pilota che andrà ulteriormente verificato su più pazienti e per una durata maggiore del follow up (14 giorni sono pochi) bisognerà vedere se l’approccio potrà funzionare nella pratica clinica, ma di certo – conclude l’esperto – si tratta di metodo innovativo, e rappresenta senz’altro un modo alternativo alla modalità attuale di trattamento che è la dieta priva di glutine”.