La copertura corallina, attorno ad alcune delle isole turistiche della Grande Barriera Corallina, nell’Australia orientale, è diminuita del 40-50% negli ultimi 20 anni. È quanto emerge da uno studio scientifico a lungo termine, frutto del monitoraggio condotto tra il 1999 e il 2019 in 100 località, lungo le isole Whitsunday, Magnetic Island, Keppel Islands e Palm Islands. I dati sono stati confrontati con misurazioni storiche e ambientali. Secondo lo studio pubblicato questa settimana nell‘Ecological Society of America’s Ecological Applications Journal, i coralli vivi e duri, le strutture simili a rocce essenziali per costruire barriere coralline, sono diminuiti di quasi la metà dopo essere stati colpiti da molteplici eventi, tra cui stress termico, cicloni e scarsa qualità dell’acqua. I ricercatori, dell’Arc Center of Excellence for Coral Reef Studies della James Cook University, hanno dichiarato di essere rimasti così “scioccati” dai dati “allarmanti” che li hanno controllati e ricontrollati.
“Cicli di disturbo e recupero sono naturali e la barriera corallina ha storicamente avuto un buon potenziale di recupero – dice l’autrice principale dello studio Daniela Ceccarelli – Ma gli impatti umani stanno aumentando la frequenza dei fattori di disturbo, come lo sbiancamento dei coralli, lasciando poco intervallo di tempo tra gli eventi per consentire un pieno recupero“. Ceccarelli riferisce alla Dpa che lo studio è significativo perché non molte ricerche sono andate avanti così a lungo usando metodi costanti e nella stessa località. “Inoltre, non molti studi coprono queste aree, con barriere di coralli frastagliate vicino alle coste, dove l’acqua è spesso sporca e la visibilità scarsa. Ma anche preziose per l’industria del turismo perché visitate da migliaia di turisti“, aggiunge. La ricercatrice spiega che i due fattori principali per i cambiamenti nei coralli sono lo stress da calore e il recupero nell’intervallo tra diversi eventi di disturbo. “I cambiamenti nella qualità dell’acqua, oltre ad eventi come sbiancamento e cicloni, sono fondamentali rispetto al recupero dei coralli – continua – Se possiamo affrontare la questione della qualità delle acque a livello locale e i cambiamenti climatici a livello globale, allora c’è speranza“.
Secondo gli scienziati, i coralli hanno bisogno di circa 10 anni per riprendersi da gravi azioni di disturbo se le condizioni sono favorevoli e fino a 20 anni per l’intera comunità di coralli, compresi i coralli a crescita più lenta. Tuttavia, c’è il timore che tali eventi si presentino a intervalli così brevi che sarà difficile per i coralli recuperare nel prossimo futuro, in gran parte a causa dei cambiamenti climatici. La Grande Barriera Corallina è stata colpita da eventi di sbiancamento dei coralli consecutivi, innescati dal massiccio riscaldamento degli oceani, nel 2016 e nel 2017, che ha ucciso da un terzo al una metà dei coralli con impatti concentrati nelle parti settentrionali della barriera corallina.
La Grande Barriera Corallina, al largo della costa nordorientale dell’Australia, è il più grande sistema di coralli del mondo, copre un’area più ampia dell’Italia, ed è uno degli ecosistemi con maggiore biodiversità del Pianeta. Gli scienziati affermano che negli ultimi 20 anni il reef ha vissuto quattro eventi di sbiancamento di massa, tutti attribuiti al riscaldamento globale. Oltre allo sbiancamento, la Grande Barriera si sta anche riprendendo da un focolaio di stelle corona di spine distruttive per i coralli, oltre a danni da cicloni e disturbi dovuti alle inondazioni.