Clima, il climatologo Franco Prodi: “Allarmi non fondati su basi scientifiche, conformismo che mi fa parlare di regime”
Per Prodi, bisogna intervenire per proteggere la Terra “senza allarmi inutili sul cambiamento climatico ma insistendo sul fatto che questo pianeta è l’unico che abbiamo"
Il climatologo Franco Prodi, uno dei massimi studiosi italiani di fisica dell’atmosfera e fratello dell’ex premier, ha commentato sulle pagine de La Verità il movimento ispirato dall’attivista svedese Greta Thunberg contro i cambiamenti climatici, criticando la mancanza di basi scientifiche delle loro affermazioni e le manifestazioni studentesche che hanno portato in piazza milioni di studenti in tutto il mondo, in Italia per altro con il consenso del Ministro dell’Istruzione Fioramonti.
Prodi “è stato docente universitario, ha diretto l’Istituto di scienze dell’atmosfera del Cnr, ha coordinato un progetto europeo sulla previsioni delle alluvioni” e per decenni, è stato “autorità indiscussa in campo internazionale”. Ma da quando ha espresso il suo punto di vista sui cambiamenti climatici, mettendone in dubbio i luoghi comuni, l’”etichetta da negazionista” non si è fatta attendere. Prodi ha spiegato la sua posizione in merito agli allarmismi che circondano il tema dei cambiamenti climatici: “Gli allarmi non sono basati su dati scientifici. All’origine della mobilitazione internazionale c’è un organismo internazionale creato dall’Onu nel 1988, l’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico). Ne fanno parte scienziati, ma anche agronomi, economisti e altre figure. I componenti sono oltre 1.500. Molti lo ritengono la sede della ricerca scientifica sul clima” ma “è un forum i cui membri non vengono nominati da università o centri di ricerca, ma dai governi. La scienza procede con altri metodi, pubblica su riviste specializzate, ha revisori internazionali, eccetera”.
Sui pronunciamenti Onu, Prodi dice che “si parla di proiezioni catastrofiste e si premette: “Lo dice la scienza”. Sbagliato, bisognerebbe precisare: “Lo dice l’Ipcc”. L’Ipcc, dove comunque sono presenti anche scienziati di valore, ragiona in base a modelli matematici derivati dai Gcm, cioè i Global circulation model, che risalgono agli anni Novanta e nel tempo si sono evoluti. I primi si limitavano a considerare la sola circolazione atmosferica, successivamente sono stati aggiunti fattori come la superficie degli oceani, la vegetazione, le trasformazioni chimiche e molto altro. Da fisico delle nubi, sono andato a verificare come questi modelli simulano le nubi. Esse vengono trattate in modo molto rozzo. Considerano solo gli strati e non la forma tridimensionale, non c’è l’equazione di trasferimento della radiazione atmosferica dentro le nubi, mancano altri elementi. I risultati di questi modelli vanno valutati con molta cautela. Non sono modelli raffinati al punto da parametrizzare fattori importanti. Parlo dal mio punto di vista di geofisico, gli altri colleghi diranno la loro: la climatologia è fatta dalla convergenza di molte discipline. Ma un trattamento così grossolano riservato alla fisica delle nubi pone molti dubbi”.
“La climatologia considera gli elementi che vengono dal sole, quelli che provengono dalla Terra e l’interazione con i gas cosiddetti serra come l’anidride carbonica, ma anche il vapore d’acqua, l’ozono, il metano e altri. C’è l’interazione con le particelle sospese e poi ci sono le nubi. I fotoni solari arrivano anche sulla sommità delle nubi; alcuni vengono riflessi, altri entrano nelle nubi”, ha spiegato Prodi. Poi la superficie terrestre “a sua volta emette calore, come ogni corpo. Anche i fotoni terrestri interagiscono con i gas e con la base delle nubi; alcuni escono verso lo spazio esterno. Questo complesso di fattori, molto difficile da calcolare, mi induce, da scienziato, a raccomandare cautela sul catastrofismo climatico”, ha aggiunto.
In merito a quanti lo accusano di essere un negazionista, Prodi ha affermato: “Alcuni miei detrattori non hanno nemmeno una laurea specifica in materia. Sono accuse assurde. Io non dico che non ci siano i cambiamenti nel clima e neppure che l’uomo ne sia estraneo. La mia affermazione è un’altra: la scienza non è arrivata a quantificare l’effetto antropico rispetto agli effetti naturali sul clima”. Prodi aggiunge che gli effetti naturali sul clima sono “fondamentalmente due: la componente astronomica e quella astrofisica”. “Le radiazioni solari non sono costanti: si potrebbe parlare per ore della variabilità del sole, delle macchie solari, delle particelle elementari che interagiscono con il campo magnetico terrestre. Questo lo chiamiamo effetto astrofisico. Tra gli elementi astronomici vanno considerati gli effetti gravitazionali dei pianeti del sistema solare, la variazione dell’orbita ellittica, l’inclinazione dell’asse terrestre sul piano dell’eclittica. Senza contare altri fenomeni: nel 1816, per esempio, non ci fu estate in tutto il pianeta a causa delle emissioni nella stratosfera del vulcano indonesiano di Tambora”.
Per quanto riguarda l’intervento umano, invece, l’esperto ha aggiunto: “È avvertibile soprattutto dopo l’invenzione della macchina a vapore, a fine Settecento, quando l’”uomo industriale” comincia a usare i combustibili fossili in modo massiccio: carbone, petrolio, gas naturale, nucleare. Da fisico delle nubi, rilevo la formazione di goccioline e cristalli su particelle originate da processi industriali, riscaldamenti domestici, traffico veicolare che influiscono anche sulla microfisica delle nubi”. L’uomo, dunque, ha le sue responsabilità “ma da qui a dire che l’azione umana rappresenta il 95% delle cause dei cambiamenti climatici, come sostiene l’Ipcc, ce ne corre. C’è un’alterazione, ma l’effetto antropico non è quantificabile rispetto all’aspetto astrofisico e a quello astronomico, che non si vede perché dovrebbero spegnersi”, ha precisato Prodi, aggiungendo che bisogna intervenire per proteggere la Terra “senza allarmi inutili sul cambiamento climatico ma insistendo sul fatto che questo pianeta è l’unico che abbiamo”.
Prodi si dichiara “sgomento” per la tanta confusione che c’è sul clima: “Greta va bene, come la sollecitazione sull’ambiente planetario: il degrado degli ecosistemi, la qualità dell’aria e dei terreni, la quantità di metalli pesanti nei mari. Questo lo capisco, non che gli scienziati inseguano una ragazzina di 16 anni. Ne prendo atto, ma mi stupisco che il mondo si faccia influenzare in questo modo. È positivo che i giovani si sveglino, ma devono anche svegliarsi capendo che il clima va studiato. Si mettano a studiare, in particolare la geofisica dell’atmosfera, poi ne riparliamo. La vera sfida è quella della conoscenza”. E sugli scioperi scolastici in Italia, ha aggiunto che “spiegare le basi della scienza del clima e le modalità con cui l’uomo e la natura agiscono sarebbe stata una celebrazione migliore. Ho visto molti scendere in piazza senza conoscere le cose”. Inoltre, “bisognerebbe vagliare meglio chi ha credito per parlare. Io ho studiato per tutta la vita la fisica delle nubi e in tutta onestà, da ricercatore, devo dire le incoerenze che vedo. Ognuno dovrebbe stare nell’ambito in cui è sicuro di poter dire qualcosa di autorevole che è riconosciuto internazionalmente”, ha tenuto a precisare.
Poi l’esperto ha illustrato alcuni dati climatici: “Dall’inizio dell’Ottocento si è registrato un aumento di 7 decimi di grado per secolo. Questo è il dato di fatto. E non è una crescita lenta e costante: si sono verificati fenomeni di raffreddamento che i modelli dell’Ipcc non spiegano”. E sulla petizione degli scienziati italiani che nega una “crisi climatica”, ha spiegato che l’obiettivo è “invitare alla cautela e sottrarre al catastrofismo tutta questa attenzione ingiustificata”. “Si è creato un movimento di studiosi. In Italia abbiamo raccolto 200 firme molto autorevoli; nel mondo, 500 scienziati hanno scritto all’Onu in vista della conferenza sul clima di settembre. In Europa, è stata promossa una petizione che sarà presentata a Oslo il prossimo 18 ottobre, lo stesso giorno in cui ne parliamo in Senato”. Ma poi sul nostro Paese ha concluso così: “In Italia vedo un’aria che non mi piace. Regna un conformismo che mi fa parlare quasi di regime”.