Nicola Scafetta, professore di climatologia all’università di Napoli, è uno dei firmatari della petizione di un gruppo di 145 scienziati italiani che sostiene che “non c’è un’emergenza climatica”. Ai microfoni di MeteoWeb, Scafetta ha fornito un’analisi della questione clima, partendo dai toni allarmistici che vengono spesso utilizzati in materia fino agli effetti che il riscaldamento globale potrebbe avere sul meteo della Terra e alla validità delle previsioni per il futuro.
Spesso vengono utilizzati toni allarmistici e catastrofisti quando si parla di clima e l’attivista svedese Greta Thunberg ne è un esempio quando sostiene che “siamo all’inizio di un’estinzione di massa”. Il Prof. Scafetta ha commentato così: “Sono 50 anni che si sono fatte delle previsioni apocalittiche in tema di cambiamenti climatici, e sono state tutte smentite come recentemente pubblicato dal Competitive Enterprise Institute con sede a Washington DC. Ad esempio, nel 2008 Al Gore predisse che in 5 anni (entro il 2013) l’Artico sarebbe stato completamente libero dal ghiaccio. La verità è che i cambiamenti climatici sono sempre esistiti e hanno influenzato le società umane sia positivamente che negativamente. Quindi, è bene che i giovani si interessino a queste tematiche. Tuttavia, c’è bisogno di capire bene la scienza del clima con tutte le sue incertezze, ed è importante non confondere le tematiche climatiche con l’inquinamento ambientale che va sempre combattuto. Il rischio che si corre è di dar credito solo ad una ideologia che potrebbe fare grandi danni alle nostre società impoverendole notevolmente. Quello che si dovrebbe ben capire è che la tesi che saremo “all’inizio di un’estinzione di massa” è basata solo sulle previsioni di modelli climatici dinamici che non sono stati testati o validati ancora secondo i canoni rigorosi propri delle scienze fisiche. Io stesso ho testato tutti i modelli climatici dinamici usati fino ad ora dall’IPCC e, in diversi lavori scientifici, ho dimostrato che non riproducono la variabilità naturale del clima“.
Su Greta Thunberg e il movimento ambientalista da lei ispirato, il Prof. Scafetta ha una precisazione importante da fare: “Personalmente ritengo positivo sensibilizzare la popolazione contro l’inquinamento. Il problema però è che cambiamenti climatici ed inquinamento sono cose diverse e le tematiche non vanno confuse. Credo che sia importante che coloro che hanno responsabilità politiche facciano uno sforzo per capire in fondo le argomentazioni scientifiche riguardo i cambiamenti climatici ascoltando le varie opinioni scientifiche. Al contrario, non posso che disapprovare qualsiasi iniziativa avente come scopo proprio il prevenire tale riflessione critica”.
L’esperto ha poi spiegato qual è la situazione attuale del clima della Terra: “Direi che la situazione attuale del clima della Terra è piuttosto buona. Circa 150 anni fa siamo usciti da un lungo periodo freddo conosciuto come la Piccola Era Glaciale e siamo ritornati ad un periodo caldo compatibile probabilmente con quello del Medioevo. Storicamente le società umane si sono generalmente sviluppate soprattutto durante i periodi caldi, non durante quelli freddi quando sono state spesso decimate da carestie ed epidemie. Si deve precisare che l’“emergenza climatica” riguarderebbe catastrofi ipotetiche previste solo dai suddetti modelli climatici ma, come detto, questi hanno grossi limiti e non riproducono la vera variabilità climatica della Terra”.
Eppure sempre più enti e istituzioni, sia in Italia che nel mondo, dichiarano lo “stato di emergenza climatica“. “Si parte da una ipotesi non dimostrata presentandola al pubblico come assolutamente certa, e si fanno deduzioni e proposte politiche su di essa. In poche parole, si costruisce sulla sabbia. Questi provvedimenti rischiano, quindi, di essere non solo inutili ma anche dannosi. Il cambiamento climatico lo si affronta soprattutto monitorandolo e con politiche di adattamento che sono specifiche alle zone a seconda della situazione. Politiche di mitigazione (cioè di riduzione acritica dell’uso dei combustibili fossili) sono destinate a fallire anche perché dovrebbero essere implementate da tutti e non solo dai paesi occidentali. E interessante che di un tale “stato di emergenza climatica” non se ne parla né in Cina né in India che nel prossimo decennio ed oltre, aumenteranno le loro emissioni di CO? così tanto da rende inutile ogni sacrificio che l’Europa potrebbe fare”, ha spiegato il Prof. Scafetta.
L’esperto ha poi affrontato la relazione tra clima e fenomeni meteo estremi: stanno davvero aumentando a causa del riscaldamento globale? “In generale si può argomentare che un riscaldamento globale implicherebbe una maggiore quantità di energia immagazzinata nel sistema e che questo possa indurre un aumento di un certo tipo di fenomeni estremi meteorologici. Tuttavia, quello che si vede nei dati è che negli ultimi 150 anni tanti fenomeni, dai cicloni atlantici che colpiscono gli Stati Uniti d’America alle piogge monsoniche in India, seguono un andamento prevalentemente oscillante con un periodo di circa 60 anni, come anche tantissimi indici climatici mostrano. Il problema sorge quando questi dati vengono mostrati al pubblico per un breve periodo di tempo di circa 30-40 anni, ad esempio dal 1970 al 2010, quando una crescita è osservata per poi confondere la crescita naturale legata all’oscillazione di 60 anni come se fosse dovuta all’uomo ed estrapolarla linearmente per il futuro”, ha affermato l’esperto.
Per esempio, l’uragano Lorenzo, che ha devastato le Azzorre, è stato utilizzato dai catastrofisti del clima per avallare le loro tesi. Ma Scafetta per tutta risposta cita devastanti uragani del passato: “Ogni uragano può provocare danni. Ma questo è vero non solo oggi ma lo è stato anche nel passato. Questi argomenti costantemente confondono il “meteo” con il “clima”. L’uragano più devastante della storia recente degli Stati Uniti è quello di Galveston del 1900 che oltre a distruggere l’intera città causò anche 8000 vittime, il secondo uragano più devastate è stato l’uragano Okeechobee del 1928; e si può continuare a ricordare eventi catastrofici del passato. Furono tali eventi estremi causati dall’uomo?”.
I catastrofisti del cambiamento climatico parlano spesso di “negazionisti” quando si riferiscono ad esperti o anche persone comuni che negano il contributo antropico al riscaldamento globale ma Scafetta non si sente un “negazionista” e spiega perché: “Queste sono strategie finalizzate a prevenire ogni discussione e dibattito sereno insinuando che certe persone non avrebbero diritto di parola. Personalmente posso dire che io non nego proprio nulla. Non nego il riscaldamento globale osservato dal 1850, non nego che l’uomo possa esserne in parte responsabile, non nego che bisogna ottimizzare le risorse energetiche e non nego che bisogna combattere l’inquinamento ambientale in tutte le sue forme. Quello che osservo è che esiste tuttora una notevole incertezza nelle scienze climatiche e che innumerevoli studi hanno dimostrato una grossa variabilità naturale che i modelli dinamici non sono in grado di riprodurre. Ad esempio, questi modelli non riproducono il periodo caldo medioevale dovuto ad una grande oscillazione millenaria, e le oscillazioni di 60 anni discusse sopra. Di conseguenza questi modelli interpretano tutto il riscaldamento osservato dal 1900 oppure dal 1950 come dovuto all’uomo. Tuttavia, altri modelli climatici, detti empirici e semi-empirici e che l’IPCC ignora nonostante siano pubblicati nella letteratura scientifica, predicono che una buona percentuale del riscaldamento osservato dal 1850 è naturale”.
Clima, le previsioni delle temperature globali a lungo termine non sono attendibili: “Non emerge alcun segnale di riscaldamento globale antropico”
“Aggiungo una figura derivata dai miei studi per spiegare il punto (figura a lato, ndr). La curva nera rappresenta le temperature globali superficiali osservate dal 1980 fino all’agosto del 2019, l’area verde rappresenta i modelli dinamici (CMIP5) usati dall’IPCC mentre l’area gialla rappresenta il modello semi-empirico proposto nei miei studi da circa 10 anni (la versione mostrata risale ad uno studio pubblicato nel 2013) dedotto usando un set di oscillazioni naturali e gli stessi scenari emissivi usati per i modelli CMIP5. La figura mostra che i due modelli divergeranno notevolmente nel prossimo decennio. Tuttavia, è evidente che al momento le temperature siano state più consistenti con l’area gialla (più rassicurate) che con quella verde (più allarmante), nonostante alcuni picchi caldi dovuti al fenomeno naturale del El-Niño come quello occorso tra il 2015 e 2016. Quindi, al momento non ci sono evidenze solide che le temperature abbiano confermato i modelli dinamici che predicono le suddette catastrofi ambientali; il contrario appare vero. Quindi, numerose evidenze empiriche suggeriscono che i modelli dinamici sovrastimino notevolmente il riscaldamento antropico e che, di conseguenza, le loro previsioni catastrofiste per i prossimi decenni non sono realistiche. La mia non è una posizione “negazionista”, ma direi realista e responsabile. Ricordare tali tematiche ed invitare al confronto scientifico su di esse è proprio quello che il metodo scientifico richiede per migliorare le nostre conoscenze del mondo e per fare scelte politiche appropriate”, ha concluso l’esperto.