Animal Equality, ong internazionale per la difesa dei diritti degli animali, ha documentato con immagini girate con i droni la deforestazione in Amazzonia (in fondo all’articolo) e “il collegamento con l’industria alimentare e gli allevamenti intensivi” e nel diffonderle afferma che “la situazione è ancora gravissima, gli incendi continuano e la crisi climatica si fa sempre più urgente“. A settembre 2019, spiega l’associazione no profit, “i nostri investigatori sotto copertura hanno viaggiato nel nord del Brasile per documentare la crisi circa la deforestazione nella foresta amazzonica brasiliana e il suo collegamento con gli allevamenti intensivi e l’industria della carne. I nostri investigatori hanno potuto vedere più di 5.950 chilometri quadrati di foresta pluviale sono stati rasi al suolo. L’equivalente di 60 campi da calcio ogni ora“.
“Abbiamo documentato più di 1.000 camion carichi di soia, sulla strada per il porto di Itaituba. Soia coltivata nelle zone deforestate e destinata agli allevamenti intensivi. Secondo l’Istituto nazionale per la ricerca spaziale (Inpe), la deforestazione in Amazzonia è cresciuta del 50% nel 2019, mentre l’80% dei terreni rasi al suolo dalla deforestazione sono proprio dedicati agli allevamenti intensivi, come emerge dal Rapporto ambientale della Procura Federale realizzato nel 2015“, prosegue la nota. Gli incendi, spiega Animal Equality, “vengono appiccati come fase finale del processo di trasformazione delle foreste in pascoli o piantagioni di soia. Gli incendi nella foresta pluviale amazzonica sono destinati agli allevamenti e all’industria della carne, come ad esempio lo spazio per pascoli e per la coltivazione di soia che si verrà trasformata in mangime per polli, maiali e pesci. Circa il 79% della soia mondiale viene utilizzata per l’alimentazione degli animali confinati negli allevamenti e la soia brasiliana è’ la più esportata a livello globale”.
Carlos Nobre: “L’Amazzonia entro 30 anni sarà una savana”
“Se la deforestazione andrà avanti a questi ritmi, il 70% dell’Amazzonia si trasformerà in una savana nei prossimi 15-30 anni. Abbiamo studiato a fondo la deforestazione, il cambiamento climatico e i gas serra. Tutti questi processi combinati ci stanno conducendo a un punto di non ritorno”, è l’allarme lanciato stamane dal premio Nobel per la pace 2007 Carlos Nobre, climatologo brasiliano, nel corso di una conferenza stampa dei Verdi alla Camera dei Deputati. “Quello che sta succedendo in Amazzonia è molto preoccupante. Circa 13 milioni di km² di foresta sono a rischio, tra sud est e sud ovest. Il clima è sempre più secco, le stagioni sempre meno piovose. Siamo arrivati ad un aumento di temperature che supera i 3°C, con un tasso di mortalità degli alberi sempre più elevata. Esistono delle soluzioni ma occorre un radicale ripensamento dei nostri stili di vita. Amazzonia 4.0 è un progetto di utilizzo delle nuove tecnologie in Amazzonia, per un modello decentralizzato delle produzioni su 5 mila comunità che potrebbero trarre vantaggio economico, con un potenziale da 5 a 10 volte maggiore rispetto alla deforestazione, dando benefici alla maggior parte della popolazione. La più grande sfida da lanciare con la bioeconomia è vincere il processo di decolonizzazione da parte degli europei che va avanti da 500 anni“, ha concluso Nobre.