Fecondazione: ecco come la natura protegge la donna con la curva di fertilità a U

Un vero e proprio 'sistema di sicurezza' che la natura ha creato a difesa delle donne. E cioè "una curva della fertilità che segue un andamento 'a U', a cui il corpo femminile va incontro negli anni
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Un vero e proprio ‘sistema di sicurezza’ che la natura ha creato a difesa delle donne. E cioè “una curva della fertilità che segue un andamento ‘a U’, a cui il corpo femminile va incontro negli anni e che si verifica per preservare la donna sia in giovanissima età, sia in età avanzata, dai rischi che una gravidanza può comportare. Uno straordinario ‘scudo’ naturale che favorisce la gestazione quando ci sono meno probabilità di problemi e quando si è più pronte ad affrontare la dolce attesa, l’allattamento e tutto ciò che avere un bambino comporta”.

A illustrare all’Adnkronos Salute quanto scoperto in uno studio appena pubblicato su ‘Science’ sono due autori del prestigioso lavoro, Filippo Ubaldi e Laura Rienzi, rispettivamente direttore clinico e direttore di laboratorio dei centri di procreazione medicalmente assistita Genera. Lo studio multicentrico è stato realizzato da un gruppo internazionale guidato da Eva Hoffman dell’Università di Copenaghen e dimostra che “la fertilità nella donna segue una curva a U, con basse percentuali di fecondità nelle teenager e nelle donne di età materna avanzata”, spiegano gli esperti, riuniti in questi giorni a Roma per il convegno ‘L’Infertilità Si-cura’. “Viene messo in luce che questo andamento così peculiare è frutto di errori cromosomici negli ovociti che risultano in instabilità genomica e impossibilità di instaurare una gravidanza. Il tipo di errore, nonché i cromosomi coinvolti, sono differenti tra pazienti molto giovani o più avanti con gli anni, il che suggerisce due meccanismi cromosomici distinti guidino l’ingresso e l’uscita della donna dalla finestra riproduttiva: alcuni eventi che fanno ‘naufragare’ il concepimento sono tipici delle ragazze giovani, mentre altri riguardano solo le donne in età avanzata. E sono questi errori cromosomici originati dagli ovociti a determinare la curva della fertilità naturale umana“.

Quando l’abbraccio della natura verso mamme e bambini viene meno, perché si hanno difficoltà a concepire, “l‘obiettivo dei centri di fecondazione assistita più all’avanguardia – spiega Ubaldi, presidente eletto della Società italiana fertilità e sterilità-medicina della riproduzione (Sifes-Mr) – è tentare di offrire un altrettanto valido sistema di sicurezza, mettendo a disposizione conoscenze e tecnologie. Oggi le complicanze più importanti nei cicli di Pma sono la sindrome da iper-stimolazione ovarica, che è conseguenza della necessaria stimolazione ormonale, e la gravidanza gemellare”. “Nel primo caso – evidenzia il ginecologo – ormai grazie a protocolli terapeutici innovativi è possibile portare il rischio virtualmente a zero, ma questo presuppone per l’appunto uno specifico know how. Nel caso delle gravidanze gemellari, si deve cercare di portare questo rischio ai livelli fisiologici (1 evento ogni 100 parti) cercando sempre di trasferire un solo embrione, andando a individuare quello che abbia il maggiore potenziale di dar luogo a una gravidanza. Tutti i centri di Pma dovrebbero cercare di trasferire un solo embrione, come fanno da anni i Paesi scandinavi: in Italia il 20% delle gravidanze da Pma è gemellare, in Scandinavia solo il 5%. Ma nei centri in cui viene effettuato sempre e comunque un transfer singolo il rischio si riduce all’1,2%”.

“In Italia – prosegue Rienzi – mancano le informazioni sull’importanza di tenere in considerazione la curva della fertilità quando si deve programmare la propria vita riproduttiva. Questo concetto è spesso male espresso dai mass media: sembra che la riproduzione si possa sempre controllare, sia quella naturale che quella in vitro, quest’ultima come se fosse sempre e comunque un’alternativa efficace ai meccanismi naturali. E’ vero, la Pma supera i fattori meccanici e accelera il tempo della riproduzione, ma non è in grado di migliorare la qualità intrinseca dei gameti, che sono soggetti proprio a quella ‘curva a U’ che li rende poco adatti al concepimento quando si è troppo giovani o troppo avanti con l’età”. “La fecondazione in vitro – conclude l’embriologa – è un aiuto medico verso una patologia, però non può invertire la qualità ovocitaria. Questa informazione dovrebbe essere trasmessa alle nuove generazioni e alle donne che pensano al loro futuro. Una nuova eventuale normativa sulla Pma che sostituisca la legge 40/2004 dovrebbe prevedere una forte opera di divulgazione, accompagnata anche da politiche sociali che supportino le giovani coppie ad avere figli prima: solo questo potrà invertire il preoccupante calo delle nascite che si registra in Italia. Lo dimostra il caso della Francia: se le coppie vengono aiutate si capisce che di certo non hanno perso il loro desiderio di genitorialità”.

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