Giuseppe Costanza è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì dalla mezzanotte e trenta alle sei del mattino.
Costanza ha ricordato il giudice Falcone e la strage di Capaci: “Falcone era un magistrato inarrestabile, un motore trainante, un uomo che non si fermava mai. Si portava persino il lavoro a casa, era impegnato davvero per noi, per cercare di dare una svolta di legalità alla società in cui viveva. Di quel 23 maggio 1992 ricordo lo sguardo dei due, di Falcone e la moglie Francesca Morvillo, che si incrociano nello sguardo, con lei che annuisce. Falcone in quel momento spense la macchina e tolse le chiavi, io lo redarguii dicendogli che così ci saremmo ammazzati, lui ha guardato la moglie, lei ha sorriso e lui mi ha chiesto scusa. Ma con quel gesto mi ha salvato la vita, perché la macchina rallentò quel tanto che bastò per non prendere l’esplosione in pieno. Falcone mi ha salvato la vita“.
Sul suo rapporto con Falcone: “Sapevamo dei rischi che correvamo. Io sono stato con lui dal 1984 al 1992. Sapevamo benissimo che prima o poi sarebbe arrivato il momento. Io stavo con Falcone perché lui aveva tanta fiducia nei miei confronti. Quando si trasferiva da un ufficio all’altro mi chiedeva se io lo volevo seguire. Accadde nel 1989 e successivamente quando dalla Procura andando a Roma per rimanere al suo fianco mi ha fatto trasferire in Corte d’Appello. Rischiavo, lo sapevo, ma non ce l’ho fatto a mollarlo. Cosa pensava dello Stato il giudice Falcone? Rispondo semplicemente dicendo che lui non chiamava le istituzioni per comunicare i suoi movimenti ma chiamava me direttamente a casa. Ero io che poi allertavo la scorta. Prima che si arrivi alla verità sulla strage di Capaci temo passeranno almeno altri cinquant’anni. Mi hanno emarginato e isolato per 23 anni, probabilmente perché non rivelassi alcune cose importanti“.