Infezioni gastrointestinali, ipercolesterolemia, problemi cardiovascolari: rischio più elevato in chi soffre di depressione

"La depressione purtroppo è in continua crescita: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'incidenza è aumentata quasi del 20% in dieci anni"
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Fiato corto, disturbi gastrointestinali, patologie cardiache croniche, malattie urinarie: solo alcuni dei problemi direttamente causati dalla depressione grave. Chi ne soffre incorre in un rischio dal 12 al 32% più elevato di andare incontro a 22 patologie diverse, come ha dimostrato un recente studio australiano pubblicato su ‘Molecular Psychiatry’, in cui sono stati analizzati i dati genetici di oltre 330mila persone. La depressione, quindi, non è semplicemente associata a queste patologie ma una causa diretta: lo sottolineano gli esperti della Società italiana di Psichiatria – in conferenza stampa a Roma, nella nuova sede a Santa Maria della Pietà – in vista della Giornata mondiale della salute mentale del 10 ottobre.

La depressione purtroppo è in continua crescita: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’incidenza è aumentata quasi del 20% in dieci anni“, spiega Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Società italiana di Psichiatria e docente di Psichiatria presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti. “Un problema serio viste le ripercussioni sulla salute generale verificate dalla ricerca appena pubblicata dai ricercatori australiani: i nuovi dati, raccolti attraverso lo studio genetico di migliaia di persone per valutare la correlazione causale fra la depressione e 925 diverse patologie, dimostrano in modo netto che è il disturbo mentale a provocare un incremento del rischio di malattie organiche e non viceversa. È infatti noto che il tasso di incidenza di patologie come asma, infezioni gastrointestinali, ipercolesterolemia, problemi cardiovascolari è più elevato nei pazienti depressi. Averlo compreso è fondamentale per assicurare ai pazienti tutto il sostegno di cui hanno bisogno: è necessario, per esempio, sottoporli a screening per le 22 patologie connesse alla depressione per poi trattarle al meglio, così da minimizzarne le implicazioni negative per la salute generale nel lungo periodo“.
Purtroppo – afferma Enrico Zanalda, presidente Sip e direttore del Dipartimento di salute Mentale Asl Torino3 – la spesa media italiana per i servizi di salute mentale è inferiore al 3,5% della spesa sanitaria, a fronte dell’ipotetico 5% considerato necessario e dell’8-15% investito negli altri paesi del G7: dati che spiegano la situazione di grave difficoltà in cui si trovano attualmente i 145 Dipartimenti di salute mentale del nostro Paese“.
Negli ultimi anni la richiesta di prestazioni rivolta ai servizi di salute mentale è molto aumentata, sia quantitativamente sia qualitativamente, e abbiamo assistito a importanti progressi nelle tipologie e modalità dei trattamenti farmacologici, riabilitativi, psicoeducazionali e psicoterapeutici in psichiatria. Tutto ciò – prosegue Zanalda – ha notevolmente migliorato gli esiti delle patologie, ma lo psichiatra deve poter intervenire precocemente e in maniera efficace all’esordio delle patologie psichiche, quando l’intervento ha le maggiori probabilità di esito favorevole. Invece nelle persone in trattamento da molti anni, che non mostrano più possibilità di evoluzione positiva della malattia, il percorso dovrebbe essere assistenziale“. Ciò implica “uno sforzo da parte dei sistemi sanitari, che invece non hanno ancora trovato una risposta al carico rappresentato dai disturbi mentali; così oggi in Italia c’ è una netta distanza tra il bisogno e l’offerta di cure, tra quello che si potrebbe realizzare con le attuali conoscenze e quello che viene realizzato con le attuali risorse nei servizi. Maggiori investimenti culturali ed economici – è l’auspicio – dovranno concretizzarsi in migliori percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione nell’ambito della salute mentale, che va considerata in tutti i programmi per la salute dei singoli e della popolazione poiché salute fisica e mentale non sono disgiunte“.

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