Luigi Mariani, agrometeorologo e meteoclimatologo che insegna all’Università di Milano, in un’intervista ai microfoni di MeteoWeb ha parlato di clima e riscaldamento globale in un momento in cui l’allarmismo sul tema ha raggiunto livelli molto alti. Il Prof. Mariani ha fornito un quadro molto chiaro, partendo dalle conoscenze attuali della climatologia fino al riscaldamento in atto e ai suoi effetti sulla Terra, che non sono solo negativi.
Mariani non crede all’idea di una “crisi climatica” e propone alcuni dati sul riscaldamento degli ultimi 150 anni: “Premesso che parlare di “crisi climatica” è a mio avviso puramente demagogico, le temperature globali secondo i dati Hadcrut4 sono aumentate di 0.85°C dal ventennio 1851-1870 al ventennio 1999-2018 e ritengo questo dato come attendibile. Occorre inoltre dire che le terre si scaldano più degli oceani e che le alte latitudini dell’emisfero nord sono quelle in più attivo riscaldamento. Ricordo anche che la fase di riscaldamento attuale segue una fase di oltre 5000 anni di trend al raffreddamento interrotta solo da alcuni periodi in controtendenza (optimum miceneo, romano e medioevale). A ciò si aggiunga che la fase che precede la fase di riscaldamento attuale, nota come Piccola era glaciale, è da ritenere nel suo complesso la fase più fredda e di più sensibile avanzata glaciale dalla fine dell’ultima glaciazione”.
Spesso l’IPCC produce rapporti dai toni molto allarmistici sul tema dei cambiamenti climatici ma qual è l’affidabilità di tali rapporti, spesso messi in discussione? “L’allarmismo si basa su modelli che hanno mostrato di sovrastimare in modo sensibile gli incrementi di temperatura degli ultimi 30 anni. Un ente internazionale come l’IPCC che è legato all’Organizzazione Meteorologica Mondiale e all’UNEP dovrebbe a mio avviso usare toni più realistici”, afferma Mariani.
Le emissioni di CO? sono spesso considerate le principali responsabili del riscaldamento globale, ma quanto pesano in realtà sul clima della Terra? Quanto sono utili le misure che i governi intendono adottare per arrivare a zero emissioni nette? Mariani ha risposto così: “La CO? è un gas serra e come tale agisce dando luogo a un forcing che passando dai livelli di CO? pre-industriali (280 ppm nel 1850) a quelli che si dovrebbero raggiungere nella seconda metà del XXI secolo (560 ppm) è stimabile in 3.8 W m-2, che applicando la legge di Stefan Boltzmann danno grossomodo con un aumento delle temperature globali di 1°C. Il punto chiave è costituito dai feedback (vapore acqueo, nubi, ecc.) che potrebbero amplificare (o perché no, ridurre) l’effetto di CO?. A mio avviso grossomodo il 50% degli 0,85°C che ho indicato prima è dovuto alla crescita dei livelli di CO?”.
Premesso che l’effetto serra, inteso come fenomeno naturale, è essenziale per la presenza e lo sviluppo della vita sulla Terra, possiamo guardare oltre? “Certo, occorre infatti dire che la CO? non è solo un gas serra ma è altresì il gas della vita in quanto tramite la fotosintesi dei vegetali foto-autotrofi genera la sostanza organica da cui attingono tutte le catene alimentari del pianeta. In tal senso un lavoro di Campbell e altri apparso nel 2017 su Nature evidenzia che nel XX secolo la produttività degli ecosistemi (ivi inclusi gli agro-ecosistemi in cui si pratica l’agricoltura) è cresciuta del 30% circa. In sostanza se togliessimo dall’atmosfera l’eccesso di CO? accumulatosi dal periodo pre-industriale avremmo un calo delle rese delle colture del 30% che non sarebbe certo positivo in termini di sicurezza alimentare globale. Proprio il ruolo dell’agricoltura come gestore del ciclo del carbonio dovrebbe produrre un interesse più ampio verso tale settore che oggi viene visto solo come emettitore trascurando il suo potente ruolo di assorbitore di CO?. Solo per fare un esempio, la resa media mondiale del mais è di 6 t per ettaro di granella che equivalgono a un assorbimento lordo di 8.8 tonnellate per ettaro di CO? che detratte le perdite legate a carburanti, concimi, fitofarmaci, ecc. (in complesso 1,6 tonnellate per ettaro) danno un assorbimento netto di 7,7 tonnellate, il che rapportato ai 197 milioni di ettari oggi coltivati a livello mondiale significa un assorbimento netto annuo di 1,42 miliardi di tonnellate di CO?. Al riguardo vale altresì la pena di riflettere sul fatto che le produzioni di punta del mais sono di 18 tonnellate per ettaro, per cui ben si comprende cosa potrebbe dare in termini di assorbimento di CO? un processo di massiccia innovazione tecnologica in agricoltura (genetica, OGM inclusi, tecniche colturali innovative) in grado di aumentare sensibilmente le rese globali”.
Per quanto riguarda i fenomeni meteo estremi, stanno davvero aumentando a causa del riscaldamento del clima? Mariani ha spiegato: “Il riscaldamento globale come dice la parola stessa ha effetti sulle temperature globali e sulle ondate di caldo alle medie latitudini. Circa le piogge estreme c’è un lavoro scientifico di Westra e altri del 2013 che analizzando i dati di oltre diecimila di stazioni per il XX secolo mostra che a livello mondiale il 90% delle stazioni ha intensità massime annue stazionarie mentre l’8% aumenta di intensità e il 2% diminuisce. Per l’Italia un recentissimo lavoro scientifico di Libertini e altri riferito a circa 5000 pluviometri per il periodo dal 1915 al 2015 analizza l’intensità delle piogge a 1, 3, 6, 12 e 24 ore deducendo che a seconda degli intervalli considerati l’86-91% delle stazioni non presenta alcun trend, il 4-7% mostra un trend crescente e il 5-7% un trend decrescente. A fronte di tali dati mi domando dove stiano di casa le bombe d’acqua con cui i media terrorizzano da anni la popolazione?”.
Ma a che punto è la climatologia nella sua comprensione del clima e quanto rimane ancora inaccessibile con le conoscenze attuali? “Occupandomi di climatologia applicata all’agricoltura sono pienamente conscio del fatto che il sistema climatico è un sistema dissipativo e caotico che non è in equilibrio e la cui complessa variabilità naturale deriva dall’interazione di feedback positivi e negativi, instabilità e meccanismi di saturazione. A ciò devo aggiungere che i processi in atto abbracciano una vastissima gamma di scale spaziali e temporali e includono molte specie chimiche e tutte le fasi fisiche. La fenomenologia eterogenea del sistema include fenomeni ben lungi dall’essere pienamente compresi e dunque modellati in modo soddisfacente come la microfisica delle nuvole, le interazioni nubi-radiazione, gli strati limite atmosferici e oceanici e i processi turbolenti. Come spesso accade, la complessità della fisica si intreccia con il carattere caotico della dinamica. In sintesi siamo di fronte al sistema più complesso presente sul nostro pianeta e rispetto al quale il nostro attuale livello di ignoranza è rilevante. Per questo è oggi essenziale mantenere una dialettica scientifica su temi quali i seguenti:
a. il global greening, fenomeno macroscopico e che evidenzia la potenza delle concimazione carbonica nello stimolare la produttività degli ecosistemi naturali e agricoli
b. il segnale solare con picchi (Schwabe a ~ 11 anni, ciclo magnetico a ~ 22, Gleissberg a ~83, DeVries /Suess a ~200, Eddy a ~ 976, Bray-Hallstatt a ~ 2310, Milancovich a ~ 20mila, 40mila, 100mila, 400mila anni) che emergono dall’analisi spettrale di una caterva di serie strumentali e di proxy data.
c. il fatto che i GCM (General Circulation Model, ndr) sovrastimino in modo sensibile i trend delle temperature globali, il che dovrebbe portare a un uso molto prudente dei loro dati per disegnare scenari a 50-100 anni
d. il fatto che la mortalità da freddo in molte aree del mondo (Italia inclusa) sia ancor oggi sensibilmente superiore a quella da caldo.
e. il fatto che nel periodo pre-industriale dell’Olocene la CO? aumenti gradualmente mentre la temperatura presenta un trend alla diminuzione, il che rende tale periodo difficilmente modellabile.
f. il fatto che con il Global Warming le aree polari si scaldano più delle medie latitudini con conseguente diminuzione del gradiente termico latitudinale, il che porterebbe a ipotizzare una diminuzione di intensità degli eventi estremi. Per la verità su quest’ultimo tema alcuni hanno di recente avanzato l’ipotesi secondo cui in presenza di minore gradiente le grandi correnti occidentali si ondulerebbero di più con maggior frequenza di grandi strutture di blocco foriere di eventi estremi (grandi siccità, inondazioni, ondate di caldo e di freddo, ecc.). Della maggior frequenza delle grandi strutture di blocco si fatica tuttavia a trovar traccia nelle serie storiche”, ha spiegato Mariani.
Quali aree del pianeta stanno avvertendo di più gli effetti del riscaldamento e con quali conseguenze? “Il riscaldamento globale è soprattutto avvertito alle latitudini medio-alte dell’emisfero nord. Certo, vi sono effetti negativi dovuti in particolare all’incremento delle ondate di caldo o alla fusione delle coltri glaciali ma vi sono vari effetti positivi che oggi vengono del tutto ignorati dai media e che non si giustificherebbero con un “clima impazzito”. Fra questi rammento in particolare il sensibile trend all’aumento delle rese delle grandi colture che oggi nutrono il mondo e la sensibilissima riduzione della mortalità per calamità naturali. Ai fenomeni positivi aggiungo l’aumento della qualità dei grandi vini europei evidente ad esempio per i bianchi e i rossi della Borgogna e per il vino Nobile di Montepulciano. Questo porta a concludere che quantomeno potremo assistere alla “catastrofe climatica prossima ventura” bevendoci del buon vino”, ha concluso Mariani.