Sanità, 4000 casi di tubercolosi l’anno in Italia: cos’è e come si trasmette

Sono circa 4 mila i nuovi casi di tubercolosi registrati ogni anno in Italia, secondo l'Istituto superiore di sanità: i sintomi e come si trasmette
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Sono circa 4 mila i nuovi casi di tubercolosi registrati ogni anno in Italia, secondo l’Istituto superiore di sanità. Quella che ha colpito nei mesi scorsi uno studente della Sapienza di Roma è una patologia infettiva e contagiosa, causata da un batterio, il Mycobacterium tuberculosis, chiamato comunemente bacillo di Koch (dal nome del medico tedesco che lo scoprì).

Nella maggior parte dei casi interessa i polmoni, ma possono essere coinvolte altre parti del corpo. Se non trattata, può portare al decesso. Nel 2017 nel mondo 10 milioni di persone si sono ammalate di tubercolosi, con 1,6 milioni di morti. La maggior parte dei casi si verifica in 30 Paesi ad alta incidenza, soprattutto nel Sud Est asiatico (in particolare India e Cina) e nel Pacifico Occidentale (62% dei nuovi casi), ma anche in Africa (25% dei nuovi casi).

L’Italia “è un Paese a bassa incidenza”, riferisce l’Iss. La Tbc si trasmette per via aerea, attraverso le secrezioni respiratorie emesse nell’aria da un individuo contagioso, per esempio tramite saliva, starnuto o colpo di tosse. Le persone nelle vicinanze possono inspirare i batteri e infettarsi.

Attraverso le vie aeree, i batteri raggiungono e si depositano nei polmoni dove cominciano a crescere e moltiplicarsi. Da lì in alcuni casi possono diffondersi attraverso il sangue ad altre parti del corpo. La trasmissione del bacillo non è facilissima, precisano gli esperti dell’Iss. Devono ricorrere alcune condizioni essenziali: il malato deve essere affetto da Tbc polmonare attiva, la carica batterica deve essere molto elevata, il malato non deve essere in terapia, il ricambio d’aria ambientale deve essere scarso o assente.

Non tutte le persone che si infettano però sviluppano la malattia; il sistema immunitario, infatti, può far fronte all’infezione e il batterio può rimanere quiescente per anni. Questa condizione si chiama infezione tubercolare latente: ne è affetta circa un quarto della popolazione mondiale. Le persone con infezione tubercolare latente non hanno sintomi e non sono contagiose. Molte persone non svilupperanno mai la malattia, altre invece possono ammalarsi anni dopo. Si stima che il 5-15% delle persone con infezione latente sviluppi la malattia nel corso della propria vita.

I sintomi della Tbc polmonare sono tosse (che dura più di 3 settimane), dolore toracico, febbre e sudorazioni notturne. Nel tempo, la tosse può essere accompagnata da presenza di sangue nell’espettorato. Altri sintomi includono stanchezza, debolezza e perdita di peso. I sintomi della tubercolosi polmonare possono essere lievi per mesi. E proprio questo può portare a un ritardo nella diagnosi e favorire la trasmissione dell’infezione.

Quanto alla diagnosi, oggi esistono test molecolari in grado di identificare in poche ore la presenza del micobatterio nell’espettorato dei pazienti con Tbc polmonare, invece che in 3-4 settimane come in passato. La rapidità della diagnosi è molto importante per poter iniziare prima possibile la terapia antibiotica e interrompere la catena di trasmissione dell’infezione dal malato alle persone sane. Il trattamento farmacologico si basa sull’uso di diversi antibiotici per un periodo di tempo piuttosto lungo. Un trattamento regolare e completo è importante per evitare l’insorgenza di ceppi resistenti a farmaci.

“Il paziente deve quindi seguire alla lettera le istruzioni date dal medico riguardanti l’assunzione dei farmaci e la tempistica”, raccomanda l’Iss. Se le persone con infezione tubercolare latente rappresentano un grande ‘serbatoio umano’ per la malattia, il trattamento preventivo può impedire l’eventuale sviluppo della malattia in futuro. Esistono più opzioni per il trattamento dell’infezione latente, quella più comune è il trattamento con isoniazide per un periodo più o meno lungo. Durante la profilassi con isoniazide la maggior parte delle persone può continuare a lavorare, andare a scuola e avere normali attività.

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