È senza dubbio necessario salvaguardare e proteggere il nostro pianeta il più possibile per le generazioni che verranno, ma in futuro la vita degli esseri umani potrebbe svolgersi su altri pianeti, primo tra tutti Marte, che tuttavia non sarà l’ultima tappa dell’esplorazione spaziale umana, secondo l’astrofisica Sandra Savaglio, oggi docente dell’Università della Calabria. Svaglio, apparsa sulla copertina della rivista “Time” come eccellenza negli studi astronomici, è considerata dalla comunità scientifica una delle massime autorità nel suo campo. “Scoprire altri pianeti non ci esime dal conservare bene questo su cui viviamo per chi verrà dopo, tra qualche millennio, e dovrà per forza emigrare. Il primo altro pianeta dove andare a vivere sarà Marte. Quando non sarà possibile la vita neanche laggiù per il cambiamento del nostro Sole, finalmente dovremo imparare a viaggiare tra le stelle“, ha dichiarato l’astrofisica all’Agi nel planetario di Cosenza.
Savaglio poi si rivolge alle nuove generazioni, per incoraggiarle a seguire gli studi in campo scientifico: “Ai giovani dico di seguire la propria vocazione. So che non a tutti piacciono la matematica e la fisica, ma è un bellissimo mestiere il mio. E vorrei sottolineare che tante comodità e invenzioni della vita moderna passano per la ricerca scientifica. Cose che alcuni considerano inutili, come andare sulla Luna, invece servono. È stata sviluppata una grande tecnologia per compiere queste imprese e sono stati creati strumenti che oggi utilizziamo normalmente. La ricerca è una molla per il progresso, per la vita“.
Savaglio è rientrata in Italia dagli Usa e nonostante non sia pentita della sua scelta, non nasconde alcune difficoltà. “Lavoro al Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria, dove ci sono più di cento ricercatori. Certo, quelli fissi sono un po’ di meno ma fanno ricerca di punta in tanti campi della fisica. È un mestiere che io consiglio. E non chiedetemi se sono pentita di essere tornata dall’America. No, non lo sono, anche se qui le difficoltà ci sono. Per esempio, è certamente un problema la burocrazia, che è un vero ostacolo per la ricerca: perdiamo tempo a fare cose che non servono. Siamo professionisti, dovremmo passare il tempo a fare ricerca ad alto livello e invece stiamo lì soprattutto a firmare carte, scrivere numeri e cifre per 50 volte, sempre la stessa cosa, perché lo scienziato è un impiegato pubblico, come un insegnante, un bidello, un impiegato del Comune. E sicuramente la burocrazia è anche per loro un problema, ma noi abbiamo già le pezze ai pantaloni e non possiamo perdere tanto tempo in questo, servirebbe uno snellimento vero di certe pratiche. È il momento di passare al terzo millennio, altrove è già così, se no non si va avanti“, conclude Savaglio.