Sclerosi multipla: nuove tecnologie e social per contrastarla

In corso a Bologna il congresso nazionale del Sin (Società italiana di neurologia); tra i diversi simposi quello organizzato da Novartis sulla sclerosi multipla
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In corso a Bologna il congresso nazionale del Sin (Società italiana di neurologia); tra i diversi simposi quello organizzato da Novartis sulla sclerosi multipla, che ha messo in luce l’importanza della diagnosi tempestiva, ma anche dei device e delle nuove tecnologie, oltre al bisogno di trattamenti sicuri ed efficaci per a ritardare la progressione della disabilità. “La sclerosi multipla é un esempio di quanto una patologia cronica diagnosticata in età giovanile – spiega Luigi Lavorgna, neurologo Aou Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e coordinatore del Gruppo di Studio Digitale della Sin – che accompagna la persona per tutta la vita, debba essere gestita in maniera globale, non basta dare solo il consiglio terapeutico”.

Un approccio che vuole accompagnare il paziente, per non lasciarlo solo con un carico psicologico che é pesantissimo. “La necessità di un approccio globale – continua Lavorgna – é per fortuna favorito nella nostra era, l’era del digitale. I pazienti a cui viene diagnosticata la malattia oggi sono i millennials, che sono nativi digitali”. Quindi social media, app, wearable device che i giovani capiscono, e anzi vogliono che facciano parte della loro quotidianità e quindi della malattia. Per una salute a portata di smartphone.

“I social media sono la nuova frontiera del rapporto medico paziente – commenta lo specialista – anzi sul web siamo più tranquilli di parlare della nostra condizione. A volta nella maniera classica si fa un po’ di fatica ad aprirsi, sul web si parla più tranquillamente, ad esempio della sessualità”. I device indossabili sono poi utilissimi per monitorare costantemente la malattia. Un braccialetto, un sensore messo in una cintura, una fibra possono registrare una serie di parametri in modo costante, nel quotidiano, utili al medico.

“Noi abbiamo un programma di visite con i nostri pazienti – conclude Lavorgna – ma ciò che accade tra una visita e l’altra può sfuggire. I passi che un paziente fa, i suoi movimenti all’interno delle 24 ore, ma anche il ritmo sonno-veglia e la frequenza cardiaca possono dirci tanto, ad esempio mettendo in luce un affaticamento improvviso”. Insomma, “il racconto e il dialogo col paziente, una risonanza magnetica o una visita neurologica rimangono fondamentali, ma vanno integrati con le nuove tecnologie”.

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