Terremoti, il monitoraggio simultaneo GPS e della sismicità consente di prevedere dove e quando avverrà un sisma

Uno studio ha suggerito l’utilizzo integrato dei dati riguardanti la sismicità con quelli geodetici forniti dal sistema di posizionamento GPS per circoscrivere le aree temporalmente a maggior rischio sismico
MeteoWeb

I terremoti sono fenomeni difficili da prevedere con esattezza e per questo motivo, la ricerca per riuscire a definire, con la maggiore precisione possibile, il luogo e il tempo in cui avverrà un evento sismico continua a crescere nel mondo scientifico. Da alcuni decenni, vengono applicati, anche con significativo successo, algoritmi basati sul riconoscimento di tratti caratteristici della sismicità (pattern recognition) che consentono una previsione a medio termine temporale (vari mesi) e a medio raggio spaziale (alcune centinaia di chilometri) di forti terremoti sopra una soglia di magnitudo pre-assegnata.

Un nuovo studio internazionale, a cui ha preso parte, fra gli altri, Mattia Crespi del Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale della Sapienza, in collaborazione con Giuliano Panza dell’Accademia nazionale dei Lincei, ha proposto un paradigma innovativo che integra i dati sismologici con quelli ottenuti dalle misure GPS. Questo paradigma consente di migliorare accuratezza e precisione con cui le aree temporalmente a maggior rischio possono essere identificate.

Attraverso un’ampia analisi retrospettiva di osservazioni geodetiche, precisamente dei dati relativi alla deformazione della crosta terrestre ottenuti attraverso le reti GPS, combinata con informazioni sismologiche ottenute dall’analisi di pattern recognition in tempo reale, sono state evidenziate importanti caratteristiche anticipatorie (precursori) spazio-temporali nella velocità del suolo e nella sismicità. I ricercatori hanno quindi dimostrato come la corretta integrazione dei dati consenta una previsione dei terremoti a medio termine temporale e a piccola scala spaziale, riducendo l’estensione lineare delle aree temporalmente a maggior rischio a poche decine di chilometri”, si legge sul sito della Sapienza di Roma.

Questo studio interdisciplinare si inserisce nel dibattito scientifico sulla pericolosità sismica, la sua prevedibilità e il conseguente adeguamento preventivo antisismico, argomento di grande interesse anche a livello nazionale in seguito ai terremoti che hanno colpito Abruzzo, Umbria e Marche dal 2016. La ricerca delinea la possibilità (per ora in ambito nazionale) di individuare nello specifico le zone nelle quali concentrare, nel tempo, gli sforzi di adeguamento preventivo antisismico, seguendo le raccomandazioni formulate dall’UNESCO fin dal 1991”.

“Questo filone di ricerca ha ricevuto significativi riconoscimenti sia in Italia (Mattia Crespi – Premio dell’Accademia nazionale dei Lincei per l’Astronomia, Geodesia e Geofisica conferito nel 2018) che in sede internazionale (Giuliano Panza – International Award dell’American Geophysical Union, unico geofisico italiano a ricevere, nei 100 anni di storia dell’Union, questo prestigioso riconoscimento della più grande organizzazione mondiale di Scienze della terra e spaziali)”.

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