Paolo Rugarli, Ingegnere Strutturista e creatore della società Castalia s.r.l., ha parlato ai microfoni di MeteoWeb di terremoto e pericolo sismico in Italia, mettendo in luce la “quasi paralisi delle attività di prevenzione” e l’assenza di informazione tra la popolazione, in cui lo Stato gioca un ruolo chiave. In questo momento storico in cui è più forte che mai la protesta a favore del clima, con milioni di giovani che scendono in piazza in tutto il mondo a chiedere azioni decise contro i cambiamenti climatici, come se fossimo sull’orlo di una catastrofe, in Italia avremmo ben altro contro cui protestare. Ecco cosa ne pensa Rugarli: “Io non conosco la materia nello specifico e non posso dire se siamo o no sull’orlo di una catastrofe climatica, né quanto tempo dovrebbe passare perché si verifichi. So invece con certezza che un forte terremoto potrebbe colpire molte città italiane in qualsiasi momento. E so anche che in caso di forte terremoto che colpisse una città popolosa il nostro Paese riceverebbe un colpo durissimo, che produrrebbe effetti su tutti i cittadini italiani per anni”.
Dunque, sembra che l’Italia abbia più da protestare contro il pericolo del terremoto, ancora troppo sottovalutato, e la situazione del nostro Paese dal punto di vista della prevenzione antisismica non è affatto incoraggiante. “Siamo quasi a zero. Ci sono moltissimi problemi sul tappeto, alcuni dei quali di soluzione obiettivamente difficile. Ci vorranno in ogni caso anni e anni, anche perché la esposizione è molto più alta che in passato, a causa del forte inurbamento. Tuttavia, la quasi paralisi delle attività di prevenzione si spiega altrimenti. Infatti, ci sono tante cose che si potrebbero fare e non vengono fatte. Questa situazione di stallo è dovuta a varie ragioni, oltre alla obiettiva difficoltà di esaminare praticamente il 70% del patrimonio edile del Paese.
Intanto il problema della sicurezza strutturale in Italia non è sentito né tenuto in considerazione. A proposito delle costruzioni, è passata l’idea che “tanto stanno su” e quindi se ne occupano quasi tutti senza avere le competenze, manomettendole, modificandole o lasciandole marcire (si pensi ai ferri di armatura corrosi, ubiqui), o, ancora, costruendole in violazione dei regolamenti. Qui siamo prima ancora della emergenza sismica, che arriva in una situazione già culturalmente sfavorevole. Sa, le costruzioni danno di solito l’impressione di essere assolutamente sicure, semplicemente perché non sono sollecitate in modo diverso dal solito. I problemi delle costruzioni si manifestano, di solito, quando è già troppo tardi. Prima sembrano tutte eguali. Dato che sono in piedi da anni, la gente pensa che siano tutte sicure. Purtroppo non è così: in caso di terremoto (e a volte anche senza, come abbiamo visto), le strutture possono crollare.
A questo primo problema, diciamo così culturale, se ne aggiunge un altro, sempre di natura culturale. Noi avremmo bisogno di investire molti soldi nella ricerca anche in questi ambiti. Dobbiamo ridurre i costi ed arrivare a procedure standard per consolidare gli edifici esistenti, quando ne vale la pena, e non ci siamo ancora anche perché siamo indietro con gli studi. Ma in Italia, la “ricerca” è considerata un lusso inutile. Noi abbiamo una grave malattia e ci servono le cure. Messa così forse sarebbe più comprensibile. I problemi culturali si risolvono con la istruzione, con la informazione.
Nemmeno il cosiddetto “sisma bonus” sta funzionando. E bisogna chiedersi perché. Le ragioni possono essere fondamentalmente due. O non si hanno i soldi, nonostante gli sgravi, o nonostante gli sgravi i costi sono reputati troppo alti rispetto al rischio che si corre. Secondo me molto spesso la ragione è la seconda”, ha spiegato Rugarli.
Per la situazione in cui versa l’Italia, ci si aspetterebbe proteste a favore di azioni decise contro il pericolo sismico. Ma sembra che il tema terremoto, con pericoli e conseguenze annesse, non sia ben compreso dal popolo italiano e Rugarli spiega perché: “Il rischio è sottostimato dalla gente perché nulla si è fatto per mostrarlo per come è, il che ha anche dei vantaggi. Niente preoccupazione, niente problemi: nessuna necessità di trovare soluzioni. Persino le nostre Norme Tecniche per le Costruzioni utilizzano terminologie gravemente ingannevoli come “periodo di ritorno” dei terremoti, “vita nominale restante” degli edifici, “probabilità” in tot anni, che spingono i tecnici meno attenti e la popolazione a vagamente immaginare che si sappia di più di quello che in realtà si sa, che i terremoti “ritornino” regolarmente, e che si possa valutare attendibilmente la “probabilità” che avvengano qui o lì, forti o deboli, come si può calcolare la probabilità che esca un doppio tre lanciando due dadi. Cose che non esistono. Invece gli sviluppi geofisici più recenti sono inspiegabilmente accantonati (quelli cosiddetti neo-deterministici, che fanno uso dei terremoti di scenario riferiti al massimo terremoto credibile, i quali non rassicurano per nulla, e hanno dato miglior prova di dare stime sicure). Alla fine il concetto che di fatto passa, è che i terremotati sono stati molto sfortunati, e che chi parla del terremoto prima che avvenga, è uno iettatore. Tutto, nel Paese, cospira a far credere che, a meno di non essere sfortunati, mai saremo terremotati. La “probabilità” sarebbe bassa. Ma la verità è che la “probabilità non si può sapere, quello che viene calcolato è un numeretto, che non ha nulla a che fare con la probabilità che esca il sei lanciando un dado.
Come secondo esempio ci sarebbe da chiedersi quali siano, per il nostro Stato, le effettive competenze necessarie a mettere mano a una costruzione in zona sismica. Si potrebbero fare interessanti scoperte, per esempio che l’esame di ingegneria sismica non è obbligatorio per nessuno.
La prevenzione richiederebbe una pianificazione di lungo periodo (lustri o decenni) e questa richiederebbe amministratori non troppo interessati alle mere scadenze elettorali più prossime. La prevenzione richiederebbe, per esempio, una capillare campagna informativa fatta anche per mezzo della televisione di Stato, che invece è impegnata in quiz e show. Solo i terremotati hanno realmente compreso cosa significhi un terremoto distruttivo, ma per loro è già troppo tardi”.
Quello del terremoto è senza dubbio un pericolo più imminente per l’Italia rispetto al clima. Eppure politici e ambientalisti offrono appoggio alle proteste sul clima mentre la ricostruzione in Centro Italia stenta a ripartire e sul fronte prevenzione antisismica si fa ben poco. “Non sono correttamente informati. Gli eventi sismici mostrano che quando un’area è colpita, ricostruire è costoso, lungo e difficile. Il terremoto in Italia rischia di desertificare. La sensazione è che i terremotati siano sostanzialmente abbandonati e che, al di là dei proclami, la normale vita quotidiana nei centri colpiti stenti a tornare. Borghi meravigliosi e colmi di storia, vengono così perduti. Lo Stato semplicemente non è in grado di gestire le emergenze nei tempi e nei modi che la popolazione terremotata richiede (la gente ad esempio chiede di non essere mandata altrove, e l’idea delle new town è miseramente fallita). Passate le prime settimane, i problemi tendono a marcire”, ha affermato l’Ing. Rugarli.
Agli esperti che negano una “imminente catastrofe climatica”, filtrando la questione clima attraverso la lente della scienza, viene spesso dato poco risalto sulla scia del crescente allarmismo. In Italia, invece, per quanto riguarda il terremoto, sembra avvenire tutto il contrario, con gli allarmi lanciati dagli esperti che rimangono inascoltati. Rugarli ci ha spiegato da cosa dipende questa situazione e quanto è pericolosa: “Dipende tutto dalla informazione. La gente non è stupida, ma, in generale, il consenso si può manipolare prospettando idee apparentemente facili e ovvie, e tuttavia in realtà sbagliate, o tutte da verificare. La gente ci crede. C’è poi questa fede cieca nel “numero”, come se tutte le cose prospettate con abachi e curve, con matematica più o meno complessa, fossero ipso facto oro colato, là dove la matematica a volte occulta ideuzze facili facili, e totalmente, irrimediabilmente infondate. Paradossalmente, oggi la matematica applicata parla come un tempo gli sciamani, e le persone in media non hanno gli strumenti per comprendere. A volte sulla base di pochi dati si estrapolano informazioni dettagliatissime, con una precisione incompatibile con quella dei dati di partenza. La gente, vede numeri e numeri, e ci crede. Galileo è stato dimenticato: non basta un modello elegante, o complicato, numeri e formule: servono le prove sperimentali. Prove, non illazioni. Poi, sulla base di questi modelli sbagliati, si orienta tutta la spesa pubblica pertinente, con danni a volte veramente significativi. Un esempio di modello che non ha passato la verifica sperimentale e dunque sbagliato, è quello legato al “periodo di ritorno dei terremoti”. Ma è nella nostra Gazzetta Ufficiale”.