I piani di evacuazione contro il rischio di eruzione del Vesuvio e dei Campi Flegrei vanno trasformati in progetti di allontanamento volontario e incentivato degli abitanti: un trasferimento preventivo e progressivo verso i paesi interni della Campania, svuotati dal crollo demografico e comunque collegati alla città da nuove infrastrutture, come la ferrovia ad alta velocità Napoli-Bari. È la proposta di un gruppo di scienziati, tra i quali l’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe De Natale, pubblicata sul prossimo numero de L’Espresso in edicola da domenica 27 ottobre e già online su Espresso+.
L’improvvisa esplosione sullo Stromboli, che lo scorso 3 luglio ha scatenato il panico sull’isola e ucciso un escursionista, riapre la discussione sulla complessità delle misure di emergenza predisposte dalla Protezione civile in caso di ripresa di attività del Vesuvio o della caldera dei Campi Flegrei: un piano che si basa sull’evacuazione d’urgenza verso altre regioni, in appena settantadue ore, di 700.000 persone per il primo vulcano e 600.000 per il secondo. Lo studio, che accompagna la proposta che gli scienziati intendono sottoporre all’analisi del governo, dimostra che l’eventuale sgombero forzato della popolazione provocherebbe danni economici indiretti e costi di assistenza, completamente a carico dello Stato, per una spesa insostenibile di 30 miliardi l’anno. Per questo, l’unica soluzione razionale “per la mitigazione dell’estremo rischio vulcanico è una pianificazione accurata, preventiva, della ri-sistemazione delle popolazioni delle zone rosse“. Una scelta in sintonia con la storia di Napoli: “La gestione del rischio vulcanico – spiega il professor De Natale – non deve mirare all’abbandono di questi territori”.