“Gli storm surge, che portano a catastrofiche inondazioni costiere, sono tra i pericoli naturali più temuti a causa delle alte densità di popolazione e dell’importanza economica delle aree litorali”, scrivono i ricercatori di istituti francesi e croati, autori di uno studio, pubblicato su Nature, sugli storm surge e le inondazioni costiere nel Mediterraneo centrale. “C’è un crescente interesse nelle previsioni degli eventi climatici e meteorologici estremi, perché i cambiamenti nella frequenza e nella magnitudine di ondate di caldo, nubifragi, siccità, tempeste di vento e storm surge hanno degli effetti sull’ambiente naturale e sui sistemi culturali e socio-economici, più dei cambiamenti nel clima globale. Le coste sono aree geografiche chiave perché si trovano all’interfaccia dei cambiamenti climatici. All’interno di questo contesto, molta attenzione è stata posta sulle zone costiere che sono direttamente minacciate dall’aumento dei livelli globali del mare e da ricorrenti inondazioni”, scrivono gli autori David Kaniewski, Nick Marriner, Christophe Morhange, Sanja Faivre, Thierry Otto ed Elise Van Campo.
“Anche se queste zone rappresentano solo il 10% dell’area terrestre totale della Terra, l’umanità tende a concentrarsi lungo o vicino le coste. La popolazione a rischio di eventi di storm surge e inondazioni costiere potrebbe raggiungere i 286 milioni nel 2030 ed entro il 2060, influenzare fino a 411 milioni di persone, aumentando le perdite globali per inondazioni fino a 52 miliardi di dollari americani con i cambiamenti socio-economici previsti. La maggiore esposizione alle inondazioni nelle aree costiere e le maggiori perdite causate dalle catastrofi sono prevalentemente guidate dall’aumento globale del livello del mare durante gli ultimi 100 anni circa, ma anche da un’intensificazione degli storm surge, che generano ricorrenti inondazioni delle aree meno elevate”.
“Concentrandoci sui Paese densamente popolati del Mediterraneo, più di un terzo della popolazione totale vive in aree costiere e su delta (fino a 1000 persone per chilometro quadrato), che rappresentano meno del 12% dell’area superficiale. Questa popolazione a rischio, che è cresciuta da 95 milioni nel 1979 a 143 milioni nel 2000, potrebbe raggiungere i 174 milioni entro il 2025. In questa area, si prevede che i cambiamenti climatici generino modifiche sia nei modelli di precipitazione che nella frequenza delle inondazioni. Noi analizziamo l’attività della tempesta nel Mediterraneo durante gli ultimi 4500 anni e i suoi effetti sull’economia umana. Abbiamo selezionato il Mediterraneo centrale poiché questa zona corrisponde ad una delle aree chiave del turismo dell’Europa meridionale e una grande tratta marittima per il trasporto di beni nell’Europa centrale e sudorientale. Inoltre, il Mediterraneo centrale è considerato come un hotspot dei cambiamenti climatici globali. Per esempio, gli sconvolgimenti climatici e gli storm surge rappresentano una costante minaccia socio-economica ed ecologica, esemplificata dalla vulnerabilità della costa adriatica orientale e dai problemi che affronta la laguna e la città di Venezia”.
Le tempeste nel Mediterraneo centrale
“Nel Mediterraneo centrale, i venti sudorientali e nordorientali più forti, rispettivamente lo Scirocco e la Bora, colpiscono il lungo bacino adriatico semichiuso dall’autunno alla primavera. Anche se l’insorgenza di questi venti è la principale causa scatenante del moto ondoso costiero, i più grandi e persistenti aumenti nel livello del mare sono prodotti dal vento di Scirocco, che accumula acqua all’estremità settentrionale chiusa del bacino. Gli associati cicloni forzano variazioni nella superficie marina (definite storm surge) e seguono le oscillazioni del bacino. Potrebbero verificarsi eventi di livelli del mare estremamente alti, che causano inondazioni della costa nord-adriatica (definite come acqua alta). Questi eventi di acqua alta sono principalmente causati da maggiori venti sudorientali che soffiano sul mare contemporaneamente con un pronunciato gradiente di pressione atmosferica sul Mediterraneo centrale”.
“Anche se sulla maggior parte del bacino Adriatico, prevale sempre questo vento sudorientale, c’è una tendenza che si verifichi una forte Bora prima del picco dell’aumento, sostituita dallo Scirocco durante la fase più intensa dell’evento. I venti di Bora generano regolarmente dei gyre sulle acque costiere superficiali. I gyre spingono le acque verso ovest ed est nel bacino adriatico. La componente seguente, che controlla se è gravemente inondata la costa occidentale o orientale, dipende dal vento longitudinale, lo Scirocco. È suggerita dunque una relazione tra le tempeste marine e le inondazioni”.
Risultati e proiezioni per il futuro
“Durante gli ultimi 4500 anni, eventi estremi di acqua alta si sono verificati durante 6 periodi, causando inondazioni della costa nord-adriatica. Concentrandosi sulle tendenze a lungo termine, l’attività della tempesta e le inondazioni costiere mostrano importanti analogie con la periodicità solare e sembrano essere rinforzate durante i periodi di minore radiazione solare. Si suggerisce, focalizzandosi sul ciclo solare di 11 anni per il periodo 1948-2008, che l’attività solare abbia influenzato la frequenza degli eventi di acqua alta a Venezia”.
“I nostri dati, concentrati sulle tendenze a lungo termine delle forti tempeste che hanno portato inondazioni, suggeriscono la maggior attività della tempesta durante il minimo solare e NAO (oscillazione nordatlantica) negativa per gli ultimi 4500 anni. Una NAO bassa o negativa potrebbe aver influenzato la tempestosità nel Mediterraneo centrale in inverno attraverso un’intensificazione dei venti. Una connessione simile tra bassa NAO e tempestosità è stata suggerita anche per le Azzorre. Sulla base delle tendenze a lungo termine, gli eventi di inondazioni registrati nel Mediterraneo centrale sono collegati alla bassa attività solare attraverso la modulazione della NAO, un rinforzamento dei venti e le tempeste marine”.
“Queste ipotesi sono supportate dai gravi storm surge che hanno portato disastrose inondazioni in Italia e Croazia, rispettivamente il 4 novembre del 1966 e l’1 dicembre del 2008. Questi eventi si sono verificati durante intervalli segnati da bassa attività solare e indice NAO negativo. Un forte vento di Bora è stato registrato sia nel 1966 che nel 2008. Le altezze delle onde al largo hanno raggiunto gli 8m (1966) e i 3,2m (2008), secondo i dati registrati a 15km dalla costa veneziana. Questi due devastanti episodi indicano che, anche se gli storm surge si sono verificati diverse volte al decennio durante il XX secolo d.C. nel Mediterraneo centrale, i venti più forti sembrano essere collegati alla bassa radiazione solare e alla NAO bassa/negativa. I meccanismi dietro questo processo devono essere ulteriormente analizzati per stabilire il contesto e le conseguenze durante i minimi solari”.
“Durante gli ultimi 5 millenni, i nostri dati suggeriscono che l’attività della tempesta nel Mediterraneo centrale si è verificata con varie gravità, influenzando diversamente l’agricoltura costiera. Per il prossimo futuro, poiché i tassi di urbanizzazione della crescita della popolazione nelle aree costiere superano già l’entroterra, un aumento nella gravità della tempestosità invernale, indotto da una ridotta attività solare dopo il grande massimo solare del XX secolo d.C., potrebbe aumentare la vulnerabilità costiera a causa delle ricorrenti inondazioni. Questo processo sarà accentuato da riduzioni indotte dall’uomo nell’apporto di sedimenti alle aree litorali, dalla subsidenza delle coste clastiche e dall’aumento globale del livello del mare. Durante il XXI secolo, una forte attività di tempesta potrebbe essere uno dei dominanti fattori che contribuiscono agli eventi di inondazioni estreme e a perdite maggiori causate da disastri naturali nel Mediterraneo”, concludono gli esperti.