In queste ore, Venezia è in ginocchio a causa di un’acqua alta eccezionale. In tanti, vedendo la città in grave difficoltà, con il suo prezioso patrimonio artistico a rischio, tra cui la famosa Basilica di San Marco, si stanno chiedendo se il Mose, il sistema di paratoie per proteggere la città dalla marea, in costruzione dal 2003, avesse potuto fare qualcosa per rendere meno disastrosa la situazione in cui versa oggi la città dopo il violento Ciclone Mediterraneo che ha colpito l’Italia nelle scorse ore.
Marea record a Venezia, “Situazione drammatica”: 2 morti e danni ingenti, patrimonio culturale in ginocchio [FOTO e VIDEO]
In uno studio di Giuliano Panza (già docente di Sismologia all’Università di Trieste, membro dell’Accademia Nazionale Lincei, dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, dell’Accademia Europea, della Academy of Sciences for the Developing World e della Russian Academy of Sciences, professore onorario della Beijing University Of Civil Engineering And Architecture), Davide Bisignano (Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste) e Fabio Romanelli (Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste e Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam di Trieste), gli esperti hanno analizzato come un’onda di tsunami generata da una fonte situata nell’entroterra, molto vicino a Venezia, possa influenzare le paratoie del Mose durante un evento di tsunami, considerando sia picchi che minimi nella loro simulazione. L’area di generazione dei terremoti considerata per lo studio del pericolo tsunami a Venezia è il “nodo 80”, convenzionalmente definito come un cerchio dal raggio di 25km, centrato alle coordinate 45.49° N, 12.29° E, si legge nello studio. “Le informazioni storiche non permettono di escludere questo nodo come area dei 4 epicentri storici, tutti con magnitudo superiore a 5. A differenza del nodo 80, per il quale sono necessari altri studi, i nodi 75 e 87 sono riconosciuti come inclini a terremoti di magnitudo superiore a 5”, scrivono gli esperti.
“È stata simulata l’onda di tsunami da questa fonte (nodo 80, ndr), situata nell’entroterra, utilizzando l’approccio Green Function. Dalla componente verticale, i valori di picco massimi, tra tutti i test parametrici eseguiti, sono di 0,5cm e 4cm rispettivamente per un terremoto M. 5.5 ed uno M. 6. Per la componente orizzontale, i corrispondenti valori di picco sono di circa 5cm e 40m, rispettivamente. Per un terremoto di magnitudo 6.5, il valore massimo di picco verticale è di circa 25cm ed è stato ottenuto considerando l’angolo di inclinazione di 60°, profondità di 10km, distanza dalla fonte alla costa di 3km e distanza dalla costa al ricevitore di 10km. In corrispondenza di questi parametri, il valore di picco della componente orizzontale è di circa 2,5m”.
“Particolare attenzione dovrebbe essere posta a questo caso perché convertendo in intensità macrosismica (MCS) i picchi del movimento del suolo elaborati utilizzando questa magnitudo, otteniamo un valore di VIII che è il grado macrosismico storico di riferimento nell’entroterra a nord di Venezia. Nell’elaborazione del pericolo tsunami, quella solitamente riportata sulle mappe è la componente verticale del movimento, tuttavia, il campo di spostamento orizzontale, in media, supera quello verticale di un ordine di magnitudine circa e questo rappresenta un aspetto cruciale nella valutazione dell’interazione delle onde di tsunami con le paratoie del Mose. Per essere più conservativi e massimizzare il principio di precauzione, abbiamo calcolato le onde di tsunami considerando una fonte con un valore di M = 7, che, con ogni probabilità, supera i massimi terremoti credibili per l’area di studio. In questo caso, il massimo picco di onda verticale ottenuto raggiunge i 70cm, mentre quello orizzontale è di circa 7m”.
I risultati dimostrano che “in caso di fonte nell’entroterra, l’onda è diretta verso il mare aperto. Inoltre, considerando uno strato liquido di 20m, abbiamo una velocità di fase dello tsunami di circa 14m/s e quindi, un intervallo di tempo di circa 6 minuti tra i picchi ai ricevitori, equidistanti a 5km”. “I risultati pongono importanti questioni sul progetto del sistema Mose. Infatti, il problema può essere duplice, a seconda della caratteristica, picco o minimo, del primo arrivo. Nel primo caso la questione può essere: le paratoie del Mose sono in grado di sostenere la pressione di un’onda che le colpisce in direzione opposta rispetto a quella della marea? Dall’altro lato, quando il primo arrivo è un minimo, la domanda importante è: considerato che le paratoie del Mose sono state progettate per stare in piedi anche grazie al principio di Archimede, cosa potrebbe succedere se il livello d’acqua diminuisse notevolmente a causa dello tsunami? Inoltre, l’ampiezza della laguna di Venezia è di circa 10km, quindi possiamo sostenere che un’onda di tsunami generata da una fonte nell’entroterra può attraversarla in meno di 15 minuti, che è il tempo necessario per riaprire le paratoie del Mose”.
“I risultati della nostra elaborazione sono stati convalidati con informazioni storiche, convertendo i valori di picco ottenuti nei gradi della scala di intensità macrosismica (MCS). I risultati ottenuti utilizzando un angolo strike-receiver di 90° e M = 6.5 mostrano che c’è una corrispondenza con MCS = VIII, che è il grado di intensità osservata per l’entroterra a nord di Venezia”, conclude lo studio.
Inoltre, sottolinea il Prof. Panza, “la mappa di pericolosità sismica probabilistica (PSHA) fornisce per la zona di Venezia una pericolosità sismica nell’intervallo 0.05-0.08 g (g accelerazione di gravità) molto inferiore alla stima da scenario Neo-determinsitca (NDSHA) 0.08-0.15 g. In termini di intensità macrosismica (scala Mercalli) VIII (stima PSHA) e IX (stima NDSHA), rispettivamente. Questa differenza tra normativa (PSHA) e scenario NDSHA è stata considerata nella progettazione?”.