Venezia si è sempre adattata, nei secoli, al graduale innalzamento del livello della laguna sulla quale fu costruita oltre mille anni fa. Ma ora, con l’accelerazione dei fenomeni, la sua capacità di adattamento è messa a dura a prova, e nemmeno un progetto concepito meno di vent’anni fa come il Mose riuscirà a far fronte ai cambiamenti climatici in atto. È la considerazione del professore veneziano Carlo Giupponi, docente di Economia dell’Ambiente a Ca’ Foscari e rettore della Venice International University di San Servolo, oltre che esperto di Scienza e gestione dei cambiamenti climatici. “Gli eventi estremi – ha detto all’Agi – sono sempre più frequenti. La situazione di questi giorni a Venezia è simile a quella che l’anno scorso ha provocato la tempesta Vaia (che ha flagellato l’Italia a fine ottobre, con gravi danni in Veneto, ndr): forti precipitazioni associate a forte vento di scirocco. Se in mille anni un fenomeno come questo ricorre un paio di volte, il fatto che queste avvengano in due anni consecutivi è significativo“.
Durante una conversazione nella sua casa di Venezia, il professore mostra la foto del portone di un palazzo medioevale i cui gradini scompaiono nell’acqua del canale, evidenziando il segno attuale che la laguna lascia sul muro, più alto di metri rispetto a quando fu costruito. “Possiamo farci un’idea dell’innalzamento anche rispetto a prima che si prendessero misure precise confrontando le immagini attuali con quelle dei quadri antichi – ha spiegato – Negli ultimi decenni, poi, l’acqua sale in media di 5,6 millimetri all’anno. Al fenomeno globale dell’aumento del livello del mare, a Venezia si aggiungono quei fenomeni naturali che riguardano solo la sua laguna e altri dovuti all’azione dell’uomo come gli scavi di canali e lo sfruttamento della falda di acqua“. Venezia considera Giupponi, “si è sempre adattata a questi cambiamenti, ma la sua capacità di adattamento ha un limite: ora riuscirà a seguire l’accelerazione dei fenomeni“. Il livello di 187 centimetri di martedì scorso è stato il secondo più alto mai raggiunto dopo quello del novembre 1966. In quel caso, spiega il professore, “era dovuto alla sovrapposizione di due maree combinate al vento di scirocco: una combinazione rarissima, per l’epoca. Ora invece queste combinazioni di diversi fattori si verificano sempre più frequentemente mettendo a dura prova la capacità di Venezia di adattarsi“.
Anche Giupponi, come molti suoi concittadini veneziani, è critico sulla funzione che potrà avere il Mose, una volta completato: “È un progetto caratterizzato da rigidità; concepito in un’altra fase, ora difficilmente si adatta al cambiamento in corso. E in particolare non tiene conto a sufficienza del fattore vento, quello che nelle ultime occasioni ha aumentato l’effetto dei fenomeni”. Se i veneziani sono tanto critici con il Mose, spiega il docente, è anche perché “ha drenato la maggior parte dei fondi che servono normalmente a tenere puliti i canali e a fare tutto quello che serve perché la città sia pronta ad affrontare l’acqua alta. Da una ventina d’anni, non si fa più manutenzione ordinaria in città“. Infine, secondo Giupponi, “i lavori effettuati per la realizzazione del Mose hanno a loro volta provocato un mutamento sulle maree che interessano il Lido di Venezia: ora sono più rapide, salgono in maniera veloci, e le correnti sono più forti. Tutto questo rende molto più difficile fare le previsioni per permettere alla città di correre ai ripari. Le previsioni sull’acqua alta, che negli anni scorsi erano considerate affidabili, ora lo sono molto meno“.