In aumento i contagi da Hiv tra gli adolescenti e i giovani, nella fascia di età compresa tra 15 e i 24 anni. Le diagnosi, inoltre, sono spesso tardive e aumenta il numero delle persone sieropositive viventi, attualmente in Italia circa 130mila. Negli ultimi anni si è verificato un calo di attenzione sul tema dell’Hiv. Sono diminuite le campagne di sensibilizzazione e di comunicazione nelle scuole, come se l’Aids fosse un ricordo del passato.
Ciò ha ridotto la percezione del rischio tra le persone, soprattutto tra i più giovani. Lo hanno ricordato gli esperti riuniti, oggi, per la tavola rotonda “Rompiamo il silenzio sulll’Hiv” promossa dalla Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), con il supporto non condizionato di Msd, a pochi giorni dalla Giornata mondiale contro l’Aids. Preoccupa la crescita dei casi nelle nuove generazioni nonostante i dati disponibili mostrino che le nuove infezioni siano diminuite del 20% nel 2018 rispetto al 2017 e le morti ridotte di un terzo tra il 2000 e il 2016. In Italia nel 2018, sono state riportate, entro il 31 maggio 2019, 2.847 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a 4,7 nuovi casi per 100.000 residenti. L’incidenza di nuove diagnosi Hiv tra i giovani di età inferiore a 25 anni ha mostrato un picco nel 2017. Tra le regioni più popolose, l’incidenza della malattia più alta è stata registrata in Lazio, Toscana e Liguria. Le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2018 sono maschi nell’85,6% dei casi. L’Hiv, in pratica, è diventata una malattia cronica e ciò significa che non sia possibile abbassare la guardia.
“Il fatto che l’incidenza più alta di nuove diagnosi di Hiv continui a essere registrata tra i giovani adulti, di età compresa tra i 25 e i 29 anni, ci deve preoccupare”, ha detto il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri.
“Tra le nuove generazioni c’è una scarsa consapevolezza e conoscenza del virus, di come si trasmetta e di cosa fare per difendersi dal rischio di infezione. Molti confondono la prevenzione delle gravidanze indesiderate, mediante l’uso della pillola contraccettiva, con la prevenzione Hiv e dalle altre malattie che si possono prendere durante un rapporto sessuale non protetto, contro cui l’unica arma davvero efficace è il profilattico”. Molti altri invece, continua, “si vergognano a comprare i profilattici.
Dobbiamo dunque domandarci quali siano le ragioni e trovare una soluzione per superare pregiudizi e imbarazzi. Sarebbe importante introdurre l’educazione sessuale nelle scuole, prevista tra l’altro da un protocollo d’intesa del 2015 tra il ministero della Salute e il Miur e per cui esiste già una proposta di linee di indirizzo. Sarebbero utili anche iniziative per la distribuzione gratuita di preservativi agli studenti delle università e delle scuole secondarie di secondo grado”.
Nel 2018 si è osservata per la prima volta una marcata diminuzione (di circa il 20% rispetto all’anno precedente) delle nuove diagnosi di Hiv in Italia. Questa riduzione è da attribuire in larga parte all’efficacia delle terapie antiretrovirali ed alle nuove linee guida terapeutiche che prevedono un inizio precoce del trattamento dopo la diagnosi.
“Ciononostante – sottolinea il Claudio Mastroianni, segretario Simit – università Sapienza, Roma – restano ancora alcuni dati preoccupanti di cui bisogna tenere conto: l’aumento del picco di incidenza tra le persone al di sotto dei 30 anni, a testimonianza che occorre ripensare alle strategie di prevenzione tra i giovani; un aumento della percentuale di persone che scoprono di essere sieropositive per Hiv nella fasi avanzata della malattia (57% nel 2018) collocando l’Italia al di sopra della media Europea; l’aumento del numero delle persone sieropositive viventi, circa 130mila attualmente”.