I Campi Flegrei sono un enorme campo vulcanico che si trova circa 14km a ovest di Napoli, città che ospita circa 1 milione di persone. È composto da 24 crateri ed edifici e appare come una grande depressione sulla superficie della terra. Il vulcano ha eruttato per l’ultima volta nel 1538 dopo quasi un secolo in cui accumulava pressione. Ma nonostante sia durata per oltre una settimana, questa eruzione è stata relativamente piccola: 40.000 anni fa, ha prodotto, infatti, un’eruzione “super colossale”, seconda misura più alta nell’indice di esplosività vulcanica.
Quasi 7 anni fa, il Dipartimento della Protezione Civile ha commissionato uno studio (che riportiamo in questo articolo) di un gruppo di lavoro composto da sei scienziati (Giovanni Macedonio, Marcello Martini, Augusto Neri, Paolo Papale, Mauro Rosi e Giulio Zuccaro). L’obiettivo dello studio, si legge nel rapporto confidenziale, è “fornire al Dipartimento della Protezione Civile informazioni relative alla pericolosità vulcanica, alla vulnerabilità fisica delle strutture e al rischio per la popolazione che potrebbe sorgere nel prossimo futuro ai Campi Flegrei”. Futuro che appare apocalittico negli scenari previsti in caso di eruzione.
“Vengono identificate all’interno della caldera flegrea due aree principali a maggiore probabilità di apertura di future bocche eruttive. L’area a massima probabilità è localizzata grossomodo nella zona di Astroni-Agnano, mentre la seconda area per valori di probabilità è localizzata in corrispondenza di Averno – Monte Nuovo. Si può quindi concludere che l’insieme delle conoscenze oggi disponibili è concorde nell’individuare tali due aree come quelle caratterizzate dalla più elevata probabilità di apertura di future bocche eruttive, con l’area a est (Astroni-Agnano) caratterizzata da maggiori valori di probabilità. Tuttavia, in questo quadro vi sono altre aree caratterizzate da elevata probabilità di apertura di bocche eruttive, lasciando quindi una elevata incertezza complessiva. Ad oggi sembra quindi necessario tenere conto del fatto che una futura bocca eruttiva ai Campi Flegrei potrà aprirsi in un’area complessivamente vasta, sebbene la zona Astroni-Agnano, e secondariamente la zona Averno-Monte Nuovo, emergano come quelle a maggiore probabilità […] La possibilità che le ultime fasi di risalita magmatica immediatamente precedenti l’eruzione avvengano in tempi anche molto brevi (giorni o ore) può rappresentare un notevole limite alla possibilità effettiva di stimare la posizione della futura bocca in tempi utili per la gestione dell’emergenza”, si legge nel rapporto.
“L’analisi suggerisce che una prossima eruzione ai Campi Flegrei sia (valore medio) al 95% circa di probabilità di scala minore o uguale a quella media. Le fenomenologie in grado di costituire elementi di pericolosità sono molteplici, e vanno dall’accumulo di gas tossici e dal verificarsi di esplosioni freatiche, anche senza concomitanza con un evento eruttivo, fino alla varietà di fenomenologie connesse con le grandi eruzioni di tipo esplosivo”, continua il rapporto.
Pericolosità da ricaduta di piroclasti e ceneri
“La ricaduta di materiale vulcanico è un tipico fenomeno associato alle eruzioni esplosive dei Campi Flegrei. In particolare, nelle zone prossimali cadono materiali di dimensioni maggiori (anche blocchi b c dell’ordine del metro) mentre nelle zone distali si ha la caduta di particelle di dimensioni dell’ordine del millimetro e inferiore. Il trasporto e la ricaduta del materiale piroclastico sono comunque influenzati da numerosi fattori quali l’intensità e direzione del vento alle diverse quote, le caratteristiche microscopiche delle particelle vulcaniche, l’altezza della colonna eruttiva (nonché la sua variabilità nel tempo) e la massa totale di materiale eruttato […] Il livello di pericolosità per l’Area Flegrea e i territori circostanti è fortemente influenzato dalla scala eruttiva e dai venti (che soffiano prevalentemente verso Est). Una mappa integrata della probabilità di ricaduta di cenere, ottenuta considerando la variabilità del vento, della scala dell’eruzione, e della bocca eruttiva all’interno della caldera flegrea, mostra in particolare come, in caso di eruzione, accumuli dell’ordine di 300 kg/m2 possano interessare gran parte della caldera con una probabilità dell’ordine del 10% e che valori superiori all’1% possano interessare la città di Napoli e i territori a Nord-Est della caldera. Si ricorda, infine, che il deposito di cenere costituisce anche elemento di rischio per la possibile formazione di colate di fango (lahar) ove sussistano le condizioni per la rimobilizzazione delle ceneri ad opera delle piogge e che la presenza di cenere in aria o al suolo è in grado di compromettere il traffico aereo e stradale, di produrre danni alle reti di distribuzione (elettricità, acqua, fognature), agli animali, all’agricoltura nonché di rappresentare un significativo fattore di rischio per le persone coinvolte”.
Pericolosità da flussi piroclastici
“Gli autori evidenziano come anche alcune aree di Napoli del settore orientale (ad esempio Vomero e Arenella), per alcune posizioni della bocca eruttiva e per le scale eruttive più intense, potrebbero essere interessate dal fenomeno dei flussi […] In riferimento al settore est della caldera, le simulazioni confermano, come osservato dai depositi, che per opportune posizioni della bocca eruttiva e regimi di collasso della colonna, i flussi piroclastici prodotti da un evento di taglia analoga all’eruzione di Agnano Monte Spina (assunto con intensità eruttiva nell’ordine di 108 kg/s) sono in grado di superare la Collina di Posillipo”.
“I flussi piroclastici rappresentano la fenomenologia vulcanica di più alto rischio per le persone. Di conseguenza, le aree interessate da questo fenomeno solitamente coincidono con le aree che è necessario evacuare preventivamente. È quindi evidente come la capacità di stimare, con elevati livelli di confidenza, le aree soggette a invasione da flussi piroclastici sia di fondamentale importanza”. Nonostante le “elevate incertezze, non sempre quantificate, derivanti da una combinazione di fattori […] è possibile comunque estrarre una serie di indicazioni su cui i vari studi tendono a convergere:
- il bordo calderico tende ad agire come una barriera per la propagazione dei flussi piroclastici. La barriera è tanto più efficace quanto minore è la scala eruttiva e quanto maggiore è la distanza della bocca dal bordo calderico o comunque in contesti topografici sfavorevoli alla propagazione dei flussi;
- sia le ricostruzioni dei depositi delle eruzioni passate che le simulazioni numeriche mostrano comunque che il bordo calderico può essere superato dai flussi piroclastici quando si verifichino combinazioni di fattori favorevoli, principalmente legati alla scala dell’eruzione e alla localizzazione della bocca eruttiva;
- una propagazione dei flussi fino a distanze maggiori di 20 km dal centro della caldera, verosimilmente associata ad eventi eruttivi di scala superiore alla Pliniana (indicata con “molto grande” nei precedenti capitoli), non può essere esclusa sebbene la probabilità di accadimento di questi eventi risulta essere circa cinque volte più bassa rispetto a quella di un evento Pliniano, ovvero inferiore all’1%;
- tra i rischi secondari associati alla formazione delle colate piroclastiche si evidenzia inoltre la possibilità di innesco di onde di tsunami prodotte dall’interazione dei flussi piroclastici con il mare o da eruzioni sottomarine. La pericolosità di questo fenomeno potrebbe non essere affatto trascurabile. Al momento non è comunque possibile delineare una zonazione delle aree interessate da questo fenomeno pericoloso;
- è infine possibile che l’invasione di aree densamente urbanizzate da parte di flussi piroclastici ad elevata temperatura possa produrre l’innesco di incendi di dimensioni più o meno vaste”.
Zonazione delle aree esposte a flussi di fango (lahar)
“Fenomeni di formazione di flussi di fango sin-eruttivi o generati da ri-mobilizzazione, causata da piogge intense, del materiale piroclastico depositato in un periodo immediatamente successivo, rappresentano eventi possibili ai Campi Flegrei. Sebbene la letteratura disponibile su questa fenomenologia sia molto limitata, le aree maggiormente interessate da questi processi sembrano essere prevalentemente le aree prossimali intra-calderiche, caratterizzate dalla presenza di bacini con pendii significativi, nonché le aree medio-distali, soggette a significativa ricaduta di cenere. Relativamente a queste ultime, si è visto come un evento eruttivo di scala medio-grande ai Campi Flegrei possa potenzialmente interessare anche l’Area Vesuviana e l’Area Appenninica, sebbene con probabilità limitate. Si evidenzia infine come le mappe ad oggi disponibili rappresentano una zonazione preliminare delle aree con propensione al dissesto basata unicamente su parametri morfometrici, quali il valore della pendenza e la concavità media dei bacini individuati, e non contengano viceversa alcuna informazione sulle aree potenzialmente invadibili dalle colate di fango (ad eccezione dell’Area Appenninica dove le aree di invasione delle colate di fango sono state definite sulla base di criteri geomorfologici)”.
Scenari di danno
“I risultati nel complesso mostrano che un’eruzione di scala media o maggiore è in grado di impattare in maniera significativa vaste aree che comprendono la città di Napoli, posta sottovento rispetto ai Campi Flegrei quando si considerino le direzioni dominanti dei venti nell’area. L’elevato numero di crolli per unità di cella nell’area di Napoli deriva anche dall’elevata concentrazione di coperture di bassa qualità (altamente vulnerabili), soprattutto nel centro storico cittadino. Nel caso di eruzione di scala grande possono essere interessate da importanti collassi numerose strutture fino a distanze rilevanti, corrispondenti ai contrafforti della Penisola Sorrentina. Un’eruzione di scala media è comunque in grado di causare abbondanti collassi nel centro di Napoli, fino all’area del porto (e oltre) in funzione della posizione della bocca eruttiva e del campo dei venti”.
Scenari sismici
“Dalle analisi di scenario condotte si osserva che il danno atteso procurato da un evento sismico di magnitudo 4 (corrispondente ad un’intensità VII- EMS’98) con epicentro nella citta di Pozzuoli è significativo ma non rilevante sia per numero di edifici danneggiati che per estensione territoriale. I collassi infatti risultano maggiormente localizzati nel centro storico di Pozzuoli. Nel caso in cui si assuma il verificarsi di un evento di magnitudo 4,5 (corrispondente ad un’intensità VIII- EMS’98), i danni attesi sono più significativi sia per numero che per estensione territoriale, coinvolgendo nell’emergenza sismica in fase pre- eruttiva aree comprese tra il centro di Monte di Procida e i quartieri più ad ovest di Napoli”.
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