Nel 2018 il consumo totale di antibiotici (comprensivo dell’acquisto privato) è stato di 21,4 dosi giornaliere ogni mille abitanti (Ddd/1000 ab die). Un valore in lievissimo aumento, dato che lo scorso anno era stato di 20,9 dosi al giorno per mille abitanti (+0,5). Ma il trend degli ultimi anni è comunque in calo, sottolinea il rapporto ‘L’uso degli antibiotici in Italia 2018‘ dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), presentato a Roma.
È l’impiego inappropriato di antibiotici a preoccupare maggiormente: supera il 30% in tutte le condizioni cliniche prese in considerazione dal documento – ovvero influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata e bronchite acuta – a eccezione della bronchite acuta. La buona notizia è che anche i tassi d’inappropriatezza d’uso degli antibiotici sono comunque in calo. L’Aifa ricorda che l’uso sbagliato degli antibiotici concorre ad aggravare il problema della resistenza batterica, rendendo sempre meno efficaci farmaci che in molte situazioni rappresentano dei veri e propri salvavita.
Il 90% delle prescrizioni a carico del Ssn proviene dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta. Il rapporto evidenzia dunque che la medicina generale rappresenta il punto focale del monitoraggio del consumo di questa classe di farmaci, nonché il punto su cui è importante agire per migliorarne l’appropriatezza prescrittiva.
Il consumo di antibiotici corrisponde all’1,6% dei consumi totali di farmaci. La spesa per questi prodotti è pari al 6,5% di quella convenzionata (antibiotici erogati dalle farmacie pubbliche e private). Il trend di consumo e spesa 2014-2018 rivela una riduzione dei consumi in assistenza convenzionata del -10,1% e della spesa convenzionata del -12%.
Quanto all’uso sbagliato di questi medicinali, l’Aifa ricorda che è generalmente inappropriato l’uso di: amoxicillina e acido clavulanico nei bambini (al posto della sola amoxicillina); qualunque antibiotico a seguito di una diagnosi di influenza, raffreddore comune o laringotracheite acuta; l’impiego di fluorochinoloni e cefalosporine in presenza di una diagnosi di faringite e tonsillite acuta; l’impiego di macrolidi come prima linea di trattamento della faringite e tonsillite acuta (a causa dell’elevato rischio di sviluppare resistenze); nella cistite non complicata l’uso in prima linea di qualsiasi antibiotico appartenente alla classe di fluorochinoloni.
Il consumo di antibiotici varia in modo significativo dalla stagione invernale a quella estiva. Si passa da un consumo di 11,4 Ddd/1000 abitanti al giorno nel mese di agosto a un massimo di 24,5 Ddd/1000 abitanti al dì nel mese di gennaio. L’utilizzo più frequente di antibiotici nei mesi invernali è correlato con i picchi di sindromi influenzali osservati nei diversi anni. Ma dato che l’influenza non richiede nella maggior parte dei casi l’impiego di antibiotici per l’origine di natura virale (salvo casi clinici particolari e/o eventuali complicanze batteriche), l’aumento così significativo delle prescrizioni di antibiotici in coincidenza con i picchi influenzali è una spia di una inappropriatezza nei consumi. Infine, rimane maggiore il consumo di antibiotico al Sud e nelle Isole (20,4 Ddd/1000 abitanti) e al Centro (16,9 Ddd/1000), rispetto al Nord (12,7 Ddd/1000).