Dal ghiaccio artico all’Amazzonia. Sono parti vitali del sistema terra, quelle che mantengono stabile il nostro pianeta, solo che sono arrivate al cosiddetto ‘tipping point‘, il punto di non ritorno climatico. Ad essere ‘attivi’, secondo gli autori dell’articolo “Climate tipping points. Too risky to bet against” pubblicato su Nature, sono più della metà dei tipping point climatici identificati un decennio fa, e la colpa è dei cambiamenti climatici dovuti alle emissioni di origine antropica. Nove, in tutto.
Questi nove tipping points, tra cui la crescente perdita della foresta pluviale amazzonica e delle grandi lastre di ghiaccio dell’Antartide e della Groenlandia, che stanno subendo cambiamenti senza precedenti molto prima di quanto previsto sono – sottolinea lo studio – tutti collegati e rappresentano una minaccia per le popolazioni in tutto il mondo.
Ad esempio, il crollo delle principali calotte glaciali della Groenlandia, dell’Antartide occidentale e di parte dell’Antartide orientale porterebbe il mondo a circa 10 metri di innalzamento irreversibile del livello del mare. Le foreste pluviali, il permafrost e le foreste boreali sono esempi di punti di non ritorno che, se compromessi, provocheranno il rilascio di ulteriori gas serra che si aggiungerebbero all’attuale riscaldamento globale e accelererebbero il tasso di degrado climatico.
Questi i nove punti di non ritorno climatico individuati: il ghiaccio marino artico, le calotte glaciali della Groenlandia, le foreste boreali, il permafrost, il sistema di circolazione dell’Oceano Atlantico del Nord (la cosiddetta corrente del Golfo), la foresta pluviale amazzonica, i coralli d’acqua calda, la calotta glaciale dell’Antartide occidentale e parti dell’Antartide orientale.
“Un decennio fa abbiamo identificato una serie di potenziali punti di non ritorno nel sistema terrestre, ora abbiamo le prove che oltre la metà di questi sono stati attivati – spiega Tim Lenton, autore della ricerca – La crescente minaccia rappresentata da cambiamenti rapidi e irreversibili ci dice che non è più responsabile restare fermi ad aspettare. La situazione è urgente e abbiamo bisogno di una risposta all’emergenza“.
Per gli autori della ricerca, con temperature di 1,1°C di già al di sopra della temperatura preindustriale, è probabile che la Terra supererà la soglia di 1,5°C entro il 2040, e già solo questo rappresenta una vera e propria emergenza che mette in pericolo “la stabilità e la resilienza del nostro pianeta”, una minaccia a cui deve rispondere una “azione internazionale“.