La Germania celebra domani il 30° anniversario della caduta del Muro di Berlino, il crollo del simbolo della Guerra Fredda. Un evento anticipato nelle settimane precedenti da manifestazioni di piazza e fughe di decine di migliaia di persone verso ovest attraverso le ambasciate di Bonn a Varsavia, Praga, Budapest. Quel giorno, il Comitato centrale del partito comunista si riunì in sessione. Principale punto all’ordine del giorno, la discussione di una proposta del Consiglio dei ministri per un allentamento delle restrizioni sui viaggi all’estero. Guenther Schabowski, capo della sezione del partito comunista a Berlino e responsabile per i rapporti con la stampa del Comitato centrale della Sed, era assente perché impegnato in una conferenza stampa. Concluso questo impegno, Schabowski tornò al Comitato centrale dove gli venne consegnato il testo del provvedimento adottato, compresa la parte riguardante le nuove norme sui viaggi. Mezz’ora dopo lo attendeva una conferenza stampa internazionale. Il funzionario comunista non ebbe il tempo di leggere i documenti, che si limitò a sfogliare. Ed annunciò, rispondendo ad una domanda, che la gente avrebbe potuto recarsi per viaggi privati all’ovest senza restrizioni. Ad una richiesta di precisazione sull’entrata in vigore del provvedimento, sfogliando l’incartamento rispose: ‘Per quanto mi risulta, da subito, senza rinvii’‘.
Ciò di cui Schabowski non si accorse è che su quel documento veniva precisato che i nuovi regolamenti sarebbero stati annunciati pubblicamente solo l’indomani 10 novembre, per dare tempo all’esercito, alla polizia e alla Stasi di dispiegare le forze necessarie a tenere sotto controllo la situazione. Ma ormai era tardi. I berlinesi cominciarono ad affluire davanti ai checkpoint che regolavano il passaggio da est a ovest attraverso il Muro. Si cercò – inutilmente – di convincere la gente a ripresentarsi l’indomani mattina. Alle 23 davanti ad un solo checkpoint si contavano ventimila persone in fila. Temendo che la situazione esplodesse, due ufficiali della Stasi in servizio a Bornholmerstrasse diedero ordine di togliere la barriera. Alle 23.20 una marea umana si rovesciò dall’altra parte. La notizia raggiunse il Bundestag a Bonn, la Camera bassa del parlamento tedesco, riunita in sessione. I parlamentari si alzarono in piedi e cantarono l’inno nazionale. Tra le 23.30 e la mezzanotte, le barriere si aprirono in altri chekpoint. Migliaia di tedeschi dell’est raggiunsero il centro di Berlino ovest. In tre giorni, due milioni di tedeschi orientali passarono a Berlino ovest, mentre altri tre milioni di cittadini della Rdt attraversarono il confine tra i due stati in altre zone del paese.
FOCUS: I FATTI DALLA COSTRUZIONE AL CROLLO DEL MURO
‘Da stasera la frontiera è aperta’. Con questo semplice e lapidario annuncio fatto dal leader del partito comunista berlinese, Gunter Schabowsky, il 9 novembre 1989 inizia il tanto agognato smantellamento del Muro di Berlino, simbolo angosciante e indiscusso della Guerra fredda. Era dal 1961 che la città di Berlino, e con essa tutta l’Europa, se non il mondo intero, erano stati divisi in due parti: il blocco comunista, guidato dall’ex Urss e i paesi democratici, capeggiati dagli Stati Uniti d’America. E per erigere il terribile muro era bastata una sola notte, quella tra il 12 e il 13 agosto del ’61, quando si decise di costruirlo per cingere i tre settori occidentali della città.
Lo scopo del muro, in una Berlino divisa in settori di influenza fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, era quello di frenare l’esodo delle persone della Germania Est, che per sfuggire alle privazioni e limitazioni imposte dal regime comunista, cercavano la libertà della democrazia trasferendosi ad ovest. Dapprima la barriera era un semplice filo spinato, ma in un secondo momento degli elementi prefabbricati di cemento e pietra presero il posto del filo. Ad opera finita il muro divise ancora più concretamente la città di Berlino: circondando Berlino Ovest, la trasformò in una sorta di ghetto chiuso tra i settori orientali. Nel giro di poche ora si compì una delle opere più importanti a livello storico, che riuscì a dividere intere famiglie colte di sorpresa dalla chiusura completa ed ermetica operata dai comunisti.
I leader della Germania Est, negando palesemente l’evidenza, sostennero per anni che si trattava di un semplice “muro di protezione antifascista”, il cui scopo era quello di evitare eventuali attacchi da Ovest. In realtà, in una Guerra Fredda mai sfociata in deflagrazione militare, era ovvio che si trattava solo di una mera giustificazione per coprire un atto che andava a ledere i più importanti diritti di migliaia di cittadini dell’est europeo, di fatto reclusi e bloccati entro i confini di influenza del loro governo, a tutti gli effetti dittatoriale. Basti pensare al fatto che il tentativo di superare il muro veniva punito violentemente e senza alcun riguardo per anziani o bambini.
Con l’abbattimento del Muro, avvenuto nel 1989, si ebbe una delle vittorie più grandi e più sentite della democrazia. Riaprire i confini, permettendo il ricongiungimento di famiglie rimaste divise per anni, e ridando la libertà a migliaia di giovani nati sotto il regime e che non erano mai usciti dai confini del territorio comunista, fu una conquista del liberalismo e dell’importanza delle trattative e del dialogo politico a livello mondiale.