Che Marte un tempo possa esser stato un luogo favorevole alla vita è ormai un’ipotesi più che accreditata nella comunità scientifica, che trova sempre nuove conferme attraverso i dati inviati a terra da orbiter e rover sulla superficie del pianeta rosso che i ricercatori analizzano e studiano scrupolosamente.
Sono molti ancora gli aspetti su cui gli scienziati stanno cercando di fare luce – spiega Global Science – sul passato come sul presente del mondo rosso, e non capita di rado che nuovi studi aprano nuove prospettive e pongano nuovi interrogativi. Di recente e per la prima volta nella storia dell’esplorazione dello spazio, un team di scienziati dell’Università del Michigan ha misurato i cambiamenti stagionali nei gas dell’atmosfera di Marte, sopra la superficie del cratere Gale. Quello che hanno notato ha qualcosa di misterioso: l’ossigeno, il gas che molte creature terrestri usano per respirare, si comporta in un modo che finora gli scienziati non sono stati in grado di spiegare attraverso alcun processo chimico noto.
In questi ultimi tre anni, il rover Nasa Curiosity ha misurato i cambiamenti stagionali dei gas al di sopra al cratere. Ma, come successe per il metano, anche in questo caso sembra che vi sia una fonte che produca il gas e poi lo riassorba.
Pochi mesi dopo però, precisamente il 19 giugno, Curiosity ha effettuato una nuova misurazione, rilevando il picco massimo di metano più elevato di sempre, pari a 21 parti per miliardo di unità di volume, rispetto alla media di 10. Un dato significativo sebbene se pensiamo che sulla Terra il 90% di questo gas deriva da bio-organismi. Tale rilevazione, alquanto significativa, non è stata però registrata né da Mars Express né da un secondo orbiter, il Tgo di ExoMars, che dal 2016 orbita intorno al pianeta. Ed è proprio questa ‘anomalia’ nel rilevamento del metano che continua a far interrogare gli scienziati.
Le misurazioni Mars Express sono state eseguite circa cinque ore dopo le misurazioni notturne di Curiosity. Le osservazioni del Trace Gas Orbiter, hanno raccolto dati sia prima che dopo le rilevazioni del rover. Ma entrambi i satelliti non hanno rivelato alcuna traccia del gas.
La domanda che sorge spontanea è: come mai un rover a terra registra una percentuale così alta di metano mentre due orbiter, in grado di effettuare misurazioni estremamente precise, non ne fiutano la minima presenza in atmosfera? Eppure si è trattato del picco massimo più elevato di sempre, che avrebbe dovuto disperdersi nell’atmosfera e diffondersi persistendo per centinaia di anni. Questo è il mistero legato al mondo rosso e non riguarda ormai solo il metano, ma ora anche l’ossigeno.
In alcune stagioni, infatti, l’ossigeno aumenta la sua concentrazione del 30%, per poi ritornare ai livelli standard, un dato che gli scienziati ancora non riescono a spiegare e pensano possa essere connesso ad una fonte geologica. Come afferma Timothy McConnochie, dell’Università del Maryland, coautore dello nuovo studio: «non siamo stati ancora in grado di individuare il processo che produce la quantità di ossigeno che ci serve, ma pensiamo che sia qualcosa nel suolo che cambia stagionalmente perché nell’atmosfera non ci sono abbastanza atomi di ossigeno per creare il comportamento che osserviamo».
Questa discontinuità nel rilevamento del metano e dell’ossigeno marziano rimane ancora un mistero che potrà trovare risposta solo con le futura missioni marziane, in particolare comn la missione ESA-Roscomos ExoMars 2020 che effettuerà analisi geologiche e biochimiche del suolo marziano utilizzando un trapano costruito in Italia in grado di perforare la superficie del pianeta rosso fino a due metri di profondità. Obiettivo del rover europeo, le cui operazioni saranno guidate dal centro di controllo Rocc sito a Torino, sarà indagare la presenza di eventuali condizioni favorevoli alla vita.