Il morbo di Parkinson è tra le malattie neuro-degenerative più diffuse, con una crescita che ha portato al raddoppio dei casi tra il 1990 e il 2015.
Humanitas Salute (edito dal gruppo ospedaliero Humanitas, dedicato ai temi della salute, della sanità e del benessere) ha approfondito l’argomento, parlandone con il dottor Michele Perini, neurologo in Humanitas Medical Care di Lainate.
Morbo di Parkinson: i sintomi più diffusi
“Il morbo di Parkinson si presenta a seguito della progressiva degenerazione delle cellule nervose del cervello, responsabili della produzione della dopamina, il neurotrasmettitore che regola funzioni come il controllo del movimento, il comportamento, l’umore, il ritmo del sonno e una parte della cognitività – spiega Perini. “Movimenti rigidi e lenti, tremori a riposo e perdita di equilibrio sono le principali caratteristiche del morbo di Parkinson, sintomi che si presentano spesso in modo asimmetrico, colpendo più un lato del corpo rispetto all’altro. Non sempre però questa patologia si manifesta in modo chiaro: in alcuni casi si presenta senza i classici sintomi di rigidità dei movimenti e tremore, rimanendo in sordina e non consentendo a chi ne soffre di ipotizzare la malattia“.
Parkinson, i campanelli di allarme
“Il tipico tremore collegato al morbo di Parkinson, dunque, non è il solo e unico segnale da tenere in considerazione,” continua Perini. “Il tremore, infatti, non è un sintomo presente dall’inizio della patologia, ma può manifestarsi con il tempo, quando la malattia è già progredita“.
Diagnosi e cura
Se le cause del morbo continuano a non essere chiare, “per la sua diagnosi un solo esame clinico non basta. I medici, fermo restando la decisione del neurologo sugli esami da effettuare, ricorrono infatti alla risonanza magnetica nucleare ad alto campo, alla PET cerebrale, alla scintigrafia del miocardio. La mancanza di chiarezza sulle cause si riflette anche sulle cure: non esiste, infatti, una cura specifica per il Parkinson. Si ricorre al trattamento farmacologico, alla chirurgia e alla gestione multidisciplinare dei casi. È bene però precisare che i farmaci che stimolano la ricezione della dopamina (levodopa) agiscono migliorando i sintomi, senza intervenire sulla causa della malattia, che tende a progredire. Il risultato è che, con il tempo, i farmaci perdono efficacia e per alcuni pazienti si propongono soluzioni chirurgiche, infusione continua di dopamina o di dopagonisti sottocute. Come contrasto al Parkinson – concludono gli esperti Humanitas – va infine sottolineato il ruolo della fisioterapia e delle stimolazioni motorie e cognitive.“