I probiotici sono microrganismi viventi che, se somministrati nelle giuste quantità, hanno un effetto benefico per la salute di chi li “ospita”. Sono i batteri buoni che si aggiungono al nostro patrimonio, il microbiota intestinale. Esistono poi i prebiotici, sostanze che, non essendo assorbite nell’intestino, favoriscono selettivamente la crescita e l’attività di uno o più batteri già presenti nel tratto intestinale”. Con la dottoressa Beatrice Salvioli, gastroenterologa di Humanitas, abbiamo parlato di usi e differenze di questi microrganismi.
Quando è necessario assumere prebiotici?
“In buona sostanza, i probiotici sono l’esercito della salvezza, ma la selezione dei soldati più bravi, la fanno i prebiotici – ha spiegato, con parole semplici la dottoressa Salvioli -. Spesso le persone vogliono sapere se usando prebiotici è possibile riassestare una flora batterica danneggiata da virus o altre infezioni intestinali. Questo però è un argomento troppo complesso per essere spiegato in poche parole. Diciamo che, ad oggi, si tende a pensare che i probiotici, essendo sostanze innocue, al massimo non facciano nulla”.
In realtà questo concetto sta per essere rivoluzionato dagli ultimi studi pubblicati in letteratura: “Non è mai certa la quantità di prodotto che arriva indenne nell’intestino, dopo aver passato la barriera acida gastrica – ha proseguito Salvioli -. Gli effetti sulla colonizzazione “buona” sono vaghi in quanto i batteri dell’ospite possono facilitare o bloccare l’effetto dei probiotici assunti. Dopo la terapia antibiotica, invece di accelerare l’equilibrio del microbiota, i probiotici possono addirittura allungarne il ripristino; le formulazioni di probiotici contengono additivi che possono essere nocivi per la salute”.
Un boom economico da rivalutare
“Per cui, a fronte dell’incredibile boom economico dei probiotici negli ultimi anni, sono convinta che sia necessario rivederne le indicazioni. Generalmente, i probiotici sono raccomandati per una varietà di condizioni cliniche che includono il rafforzamento del sistema immunitario, la prevenzione delle malattie metaboliche e cardiovascolari, migliorare la funzione intestinale, soprattutto a seguito di malattie infettive. L’atteggiamento più sbagliato, a mio avviso, è quello di affidarsi alle pubblicità o a quello che viene esposto sul bancone in farmacia – ha concluso la dottoressa -. Si tende, erroneamente, a pensare che più ceppi batterici ci sono, meglio è. Dal momento che stiamo capendo che non è proprio così, consiglierei di parlarne con il curante o lo specialista per capire se davvero ha un senso assumerli, anche perché i costi per ogni confezione non sono indifferenti”.