Terremoto Albania, INGV: in atto “uno scontro tra blocchi litosferici, in passato ha generato maremoti”

Il terremoto verificatosi in Albania, in prossimità della città di Durazzo, è avvenuto "in un’area notoriamente sismica"
MeteoWeb

Dopo l’evento Mw 6.2 avvenuto alle 03:54 del 26 novembre 2019 in Albania, “si sono susseguite varie scosse di una certa rilevanza“: lo spiega l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in un approfondimento pubblicato sul blog INGVterremoti.

Dalla lista si vede che attraverso analisi più approfondite la Magnitudo momento per l’evento principale è stata rivista a Mw 6.2 dalla stima iniziale di Mw 6.5. Le scosse nell’area epicentrale di magnitudo superiore a 5 sono state fino a questo momento 3 a cui si aggiunge un evento di magnitudo mb 5.3 avvenuto in Bosnia-Erzegovina (26 novemebre 2019 ore 10:19) ed un Mw 6.0 avvenuto con epicentro non lontano dall’isola di Creta (Grecia) il 27 novembre alle ore 8:23 (I).

Scosse con magnitudo superiore a 5

Non sono state le uniche scosse registrate o risentite: ad ora, infatti, contiamo entro 20 km da Durazzo 10 scosse con magnitudo compresa tra 4 e 5, mentre quelle con magnitudo tra 3 e 4 sono circa 50.

Inquadramento tettonico

Il terremoto del 26 novembre 2019, Mw 6.2, si è verificato in Albania, in prossimità della città di Durazzo, “in un’area notoriamente sismica. Nel periodo storico questa zona è stata interessata da decine di terremoti, anche con Mw superiore a 5.5-6.0 (SHEEC, https://www.emidius.eu/SHEEC/, Stucchi et al., 2013). Ad esempio, il 15 aprile 1979 un evento di magnitudo 6.9 è avvenuto circa 70 km a nord- nordest di quello odierno causando gravissimi danni e numerosi morti. Diversi eventi storici nell’area hanno inoltre generato onde di maremoto.

Questa intensa attività sismica dimostra che lo strato più esterno della Terra (litosfera) è alla costante ricerca di un proprio equilibrio, per la verità molto distante dall’essere raggiunto. La litosfera è infatti suddivisa in blocchi (placche) in continuo movimento soggetti a sforzi di trazione, compressione e scorrimento. Il bacino del Mediterraneo si trova in corrispondenza di un complesso “puzzle” di placche e microplacche, di cui alcune tendono a scontrarsi fra loro. Questo è ciò che si verifica fra la litosfera adriatica e quella eurasiatica nell’area del terremoto del 26 novembre 2019. Questo scontro tra due blocchi litosferici è all’origine della formazione delle catene montuose (Dinaridi, Albanidi ed Ellenidi) che si trovano sul lato orientale del Mare Adriatico. Tramite indagini geologiche o analisi di dati satellitari siamo oggi in grado di stabilire che la velocità di convergenza di queste placche è di alcuni millimetri all’anno e da questo siamo anche in grado di stimare il numero medio di terremoti forti che potranno accadere nell’area in un intervallo di 300-500 anni (Carafa et al., 2015).

Figura 1: In arancione le faglie sismogeniche di EDSF (European Database of Seismogenic Faults). . In rosso l’epicentro del terremoto del 26 novembre 2019 (Mw =6.2). In fuxia l’epicentro del terremoto del 21 settembre 2019 (M w =5.8). In blu la sezione mostrata in Figura 2

La zona interessata dal terremoto si trova nelle Albanidi (Figura 1), catena montuosa strutturata per pieghe e faglie inverse. Diverse di queste faglie sono state riconosciute come attive e potenzialmente sismogeniche già negli anni passati (vedi Figura 2, Tiberti et al., 2008; Kastelic & Carafa, 2012).”

Figura 2: Struttura profonda delle Albanidi nella zona del terremoto del 26 novembre 2019 (immagine presa da Roure et al., 2004)

“In dettaglio, la faglia responsabile del terremoto del 26 novembre appartiene alle strutture compressive responsabili della deformazione e accavallamento dei sedimenti che costituiscono il nucleo della catena delle Albanidi. Questa faglia, come si evince dal meccanismo focale, è al momento identificata con una faglia inversa (non affiorante in superficie) inclinata verso NE e si estende per circa 85 km in direzione NW-SE fra le città di Durazzo e Lushnje. Non tutta la faglia è stata per il momento attivata durante questo evento. Per maggiori dettagli su questa e altre faglie sismogeniche della zona si possono consultare le banche dati DISS e EDSF (European Database of Seismogenic Faults), prodotte e gestite dall’INGV. Queste banche dati sono il risultato del lavoro pluridecennale sulla individuazione e parametrizzazione delle faglie sismogeniche e sono un ingrediente importante del modello europeo SHARE sulla pericolosità sismica. Con una Mw di 6.5, questo rappresenta il terremoto più forte registrato in Albania negli ultimi decenni. Una faglia simile ha probabilmente causato anche il terremoto del 21 settembre di quest’anno (Mw 5.8).

Gli effetti del terremoto inoltre potrebbero essere stati amplificati dalle condizioni geologiche della regione, dove sono presenti alcuni bacini sedimentari non consolidati dove l’ampiezza delle onde sismiche possono aumentare anche di 4 o 5 volte rispetto alle ampiezze che si avrebbero nella stessa regione ma con suolo roccioso e consolidato.”

Onde sismiche registrate dalla rete sismica nazionale

Nell’animazione di seguito “è illustrato come le onde sismiche dovute al terremoto abbiano attraversato tutto il territorio italiano in circa 15 minuti.  Ogni cerchio rappresenta l’ampiezza normalizzata della componente verticale dell’onda sismica registrata in alcune stazioni sismiche e filtrata tra 6 e 200 secondi di periodo. Il colore di ogni simbolo quindi identifica la velocità del movimento del suolo verso l’alto (blu) e verso il basso (rosso). Colori più intensi indicano maggiore velocità.

Il sismogramma di riferimento (sulla sinistra) è stato registrato nella stazione di CAPA (Cerignola, FG) identificata nella mappa attraverso un quadrato rosso.

Questa animazione permette di osservare come le registrazioni dei sismometri mostrino una propagazione preferenziale lungo regioni della costa adriatiche e l’area napoletana (in accordo con la mappa del risentimento ottenuta attraverso i questionari di www.haisentitoilterremoto.it).


Bibliografia

Carafa, M., Barba, S., & Bird, P. (2015), Neotectonics and long-term seismicity in Europe and the Mediterranean region, Journal of Geophysical Research-Solid Earth, 120(7), 5311-5342, doi: 10.1002/2014jb011751.

Kastelic, V., & Carafa, M. M. C. (2012), Fault slip rates for the active External Dinarides thrust-and-fold belt, Tectonics, 31, 18, doi: 10.1029/2011TC003022.

Roure, F., S. Nazaj, K. Mushka, I. Fili, J.-P. Cadet, and M. Bonneau, 2004, Kinematic evolution and petroleum systems—An appraisal of the Outer Albanides, in K. R. McClay, ed., Thrust tectonics and hydrocarbon systems: AAPG Memoir 82, p. 474 – 493.

Stucchi, M., et al. (2013), The SHARE European Earthquake Catalogue (SHEEC) 1000–1899, Journal of Seismology, 17(2), 523-544, doi: 10.1007/s10950-012-9335-2.

Tiberti, M. M., Lorito, S., Basili, R., Kastelic, V., Piatanesi, A., & Valensise, G. (2008), Scenarios of Earthquake-Generated Tsunamis for the Italian Coast of the Adriatic Sea, Pure and Applied Geophysics, 165(11), 2117-2142, doi: 10.1007/s00024-008-0417-6.

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