Ogni anno, in Italia, 34mila pazienti (circa l’80% del totale dei casi) ricevono la diagnosi di tumore del polmone in fase avanzata, quando le possibilità di sopravvivenza sono ridotte. È quindi essenziale mettere in atto strategie per anticipare la diagnosi, in stadi in cui la malattia può essere affrontata con successo con l’intervento chirurgico. Per questo, l’Italia è in prima linea, all’interno di un programma europeo, per reclutare nei prossimi due anni 10.000 forti fumatori (di età pari o superiore a 55 anni, con una storia di fumo di almeno 30 pacchetti all’anno), da inserire in uno studio randomizzato di 24.000 persone, che avrà lo scopo di definire le metodiche ottimali per lo screening polmonare, associando le tecniche più avanzate di TAC spirale a basso dosaggio (low-dose CT scan – LDCT) con i livelli di biomarcatori (attraverso un prelievo di sangue). I medici di famiglia offriranno un contributo decisivo al progetto nell’arruolamento dei partecipanti, grazie al rapporto diretto e costante con i propri pazienti. L’annuncio viene dal 36° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), che si chiude oggi a Firenze.
“Solo nel 15% dei pazienti il tumore viene diagnosticato quando è ancora localizzato nel polmone – afferma Claudio Cricelli, presidente SIMG -. L’iniziativa rientra in un progetto di finanziamento multicentrico europeo che include 6 Paesi (Italia, Olanda, Germania, Inghilterra, Francia, Spagna), nell’ambito del programma Horizon 2020, e offre all’Italia l’opportunità di avviare in modo graduale e controllato lo screening polmonare, attraverso una rete di centri di riferimento che forniscano un’adeguata copertura del territorio e, al contempo, un livello di qualità adeguato agli standard attualmente raggiunti nello screening di altri tumori (mammella, cervice uterina, colon-retto)”. Saranno reclutati nel programma forti fumatori (almeno 30 pacchetti/anno) attivi o ex fumatori da meno di un decennio, di età compresa tra i 55 e i 75 anni.
“La costituzione della Rete Italiana di Screening Polmonare (RISP) è il primo passo perché la TAC spirale a basso dosaggio diventi una prassi consolidata su tutto il territorio, al pari della mammografia per la diagnosi precoce del tumore del seno – sottolinea Ugo Pastorino, Direttore della Chirurgia Toracica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano -. Abbiamo individuato 10 centri per avviare la rete, coordinati dall’Istituto Nazionale Tumori di Milano, che includono IRCCS, ospedali e centri universitari, caratterizzati da elevati livelli di efficienza in campo oncologico, per offrire un servizio in 10 macro-aree territoriali. La rete dovrà garantire tutte le attività previste nel bando di finanziamento europeo, in particolare il reclutamento e la selezione dei candidati eleggibili attraverso una struttura centralizzata, la raccolta di tutti gli esami con TAC spirale a basso dosaggio in un unico data base e il controllo sistematico della qualità tecnologica e aderenza agli standard internazionali di ciascun centro reclutatore”.
Diversi studi, condotti negli Stati Uniti, in Europa e in Italia, hanno dimostrato che lo screening con TAC spirale a basse dosi nei forti fumatori può determinare una riduzione della mortalità per cancro polmonare compresa tra il 20% e il 39%. “Si tratta di un risultato nettamente superiore a quello ottenibile con lo screening mammografico, che è garantito dal Servizio Sanitario Nazionale a tutte le donne fra i 50 e i 69 anni – sottolinea il prof. Pastorino -. Non solo. La lettura della TAC spirale toracica oggi avviene in maniera quasi completamente automatizzata mediante CAD (computer aided detection), per cui al radiologo compete solo una valutazione dei casi critici. Nella mammografia, invece, la lettura degli esami è ancora manuale. Lo screening del tumore del polmone, quindi, implica da un lato costi, impegno del personale e tempi inferiori, dall’altro un impatto sulla riduzione della mortalità più rilevante”.
La reticenza, anche da parte di molti medici, nei confronti dello screening polmonare è dovuta all’elevata mortalità dei forti fumatori per altre malattie, soprattutto cardiovascolari o respiratorie (in particolare, broncopneumopatia cronica ostruttiva). “Oggi con la TAC spirale, un esame che dura pochi secondi, possiamo fotografare anche il rischio globale per altre patologie, quantificando ad esempio il danno coronarico con grande precisione – afferma il dott. Cricelli -. Il rischio di infarto è elevato in presenza di calcificazioni coronariche. Il numero di vite salvate può diventare davvero rilevante con la diffusione dello screening polmonare su vasta scala”.
“Grazie alla Rete, vogliamo avviare un sistema controllato, che non implichi ulteriori esborsi a carico del servizio sanitario nazionale, già messo a dura prova dall’impatto della cura dei tumori – spiega il prof. Pastorino -. I 10 centri coinvolti condividono le stesse regole nell’esecuzione dello screening e presentano un alto livello di esperienza nella radiologia, chirurgia, oncologia e in tutti i servizi per la cura della patologia polmonare. Hanno quindi strumenti e personale pronti per avviare il progetto in tempi brevi, senza dover investire ulteriori risorse, ad esempio, nella formazione o nell’acquisto di apparecchiature”. “Una delle sfide è rappresentata dalla diagnostica dei noduli indeterminati – continua il prof. Pastorino -. Solo l’1% di queste lesioni si rivela effettivamente un tumore del polmone dopo l’analisi di base. È fondamentale aumentare questa percentuale. Per questo, nell’ambito del progetto europeo, è prevista una doppia lettura del risultato della TAC da parte di un radiologo locale e di un radiologo con esperienza decennale. In questo modo il numero dei falsi positivi si riduce, con conseguente minore stress per le persone che si sottopongono allo screening”.
Nello studio europeo, che includerà in totale 24mila forti fumatori e sarà avviato nella primavera del 2020, le persone che presentano una TAC negativa saranno divise in due gruppi: il 50% ripeterà il test dopo un anno e l’altra metà dopo 24 mesi. “Vogliamo dimostrare che chi presenta un rischio più basso può eseguire lo screening con cadenza biennale – continua il prof. Pastorino -. Obiettivo dello studio è anche definire il profilo di rischio nei fumatori che presentano una TAC positiva o sospetta, utilizzando i biomarcatori. Il test molecolare individua nel sangue determinati microRNA, piccole molecole che regolano la produzione delle proteine e ne controllano i meccanismi di crescita. Questo esame è in grado di differenziare i diversi profili di rischio, consentendo di attivare programmi di intensità di screening personalizzati”.
“Dopo l’avvio della prima fase del progetto, lo screening per il tumore polmonare sarà abbinato anche a programmi per la cessazione tabagica – conclude il dott. Cricelli -. Il fumo di sigaretta, infatti, è responsabile dell’85-90% delle neoplasie polmonari, per cui la prevenzione primaria, intesa come programma strutturato di supporto per la cessazione tabagica, rappresenta ancora il modo più efficace per contrastare l’incidenza di questa patologia e ridurre in maniera significativa la mortalità”.