“L’ho affrontato come quando facevo il calciatore – aveva raccontato Gianluca Vialli quasi un anno fa –. Mi sono dato subito degli obiettivi a lunga scadenza: non morire prima dei miei genitori e portare le mie figlie all’altare. E poi degli obiettivi a breve scadenza: l’operazione, la degenza, la chemio, la radio, le vacanze in Sardegna con un fisico da far vedere“. E i suoi tifosi, i suoi fan, non lo hanno abbandonato nemmeno nei momenti più difficili, esponendo striscioni di solidarietà negli stadi. Vialli, molto prima della sua nomina a capo delegazione della nazionale italiana, aveva raccontato in un’intervista al ‘Corriere della Sera’, di aver ingaggiato una lotta contro il male oscuro, il tumore al pancreas per il quale si è dovuto sottoporre a radio e chemioterapia. “L’ho considerata semplicemente una fase della mia vita che andava vissuta con coraggio e dalla quale imparare qualcosa – ha raccontato –. Sapevo che era duro e difficile doverlo dire agli altri, alla mia famiglia. Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono bene: i miei genitori, i miei fratelli e mia sorella, mia moglie Cathryn, le nostre bambine Olivia e Sofia”.
IL TUMORE AL PANCREAS
Secondo lo studio “Gli unmet need nell’adenocarcinoma al pancreas: un’analisi a 360° con il paziente al centro” di ISHEO emerge è che il tumore del pancreas è uno dei più aggressivi: la malattia rimane asintomatica per lungo tempo, tanto che solo nel 7% dei casi viene diagnosticata in stadio iniziale e circa l’80%-85% delle forme tumorali risulta non resecabile al momento della diagnosi. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni è pari soltanto all’8% in Italia e a circa il 6% nel mondo.
Tra tutti i TUMORI che colpiscono il pancreas, l’adenocarcinoma è il tipo più comune. I dati dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) del 2018 riportano una prevalenza annua della patologia di 22.000 casi (1% di tutti i pazienti oncologici) ed una incidenza di 13.300 casi, pari al 3% dell’incidenza di tutti i tumori. Quest’ultimo parametro risulterebbe in crescita nel 2019 (13.500 casi), tendenza che se confermata porterebbe l’adenocarcinoma pancreatico al secondo posto in termini di mortalità tra tutti i tipi di tumori nel 2030. La maggior parte dei casi di adenocarcinoma giunge ad una prognosi quando il tumore è in fase avanzata. Una lotta contro il tempo che costringe pazienti, caregiver e medici a far fronte ad una complicatissima gestione.
Come si convive con una diagnosi di tumore del pancreas? E che tipo di supporto deve essere previsto per chi ha una diagnosi di questo tumore e affronta con successo un percorso di cura? Si tratta di aspetti fondamentali, secondo quanto emerge dalla ricerca condotta da ISHEO, che evidenzia la necessità di tenere in considerazione le condizioni psicologiche e la vita quotidiana delle persone che riescono a sconfiggere il tumore. I pazienti, oltre a sottoporsi a controlli periodici dopo i trattamenti chirurgici e farmacologici previsti, devono essere accompagnati nella gestione di paure e problemi sociali e relazionali indotti dalla malattia e, nel contempo, devono essere portati a valutare la necessità di sottoporsi a cure palliative e di accompagnamento nel fine vita. Anche l’analisi dei costi associati a tale patologia è stata argomento dello studio condotto da ISHEO, pur essendo scarsi i dati di letteratura disponibili sul tumore al pancreas. In particolare, si evidenziano i costi dovuti ai ricoveri, alla perdita di produttività dopo la diagnosi, e per morte prematura.