Al via al policlinico Gemelli Irccs di Roma il programma per l’uso compassionevole del primo farmaco per il cancro al pancreas legato alla mutazione dei geni Brca, la stessa dell’attrice Angelina Jolie. L’alterazione in questione, nota per aumentare il rischio di tumori del seno e dell’ovaio, è ora nel mirino anche per l’insorgenza della neoplasia al pancreas, una delle più aggressive.
Colpire la mutazione con un farmaco mirato, può rallentare la progressione della malattia, offrendo nuove speranze ai pazienti. E’ questa la strategia perseguita con l’olaparib, usato per i tumori dell’ovaio e del seno caratterizzati da questa anomalia genetica.
“Il farmaco non ha ancora l’indicazione per il pancreas, e dunque non è rimborsabile – spiega all’Adnkronos Salute la dottoressa Cinzia Bagalà, oncologa del Comprehensive Cancer Center al Gemelli – ma, grazie ai risultati dello studio Polo, è stato avviato un programma di uso compassionevole che consente di ricevere il farmaco dall’azienda e darlo ai pazienti con mutazione dei geni Brca 1 o 2 e tumore del pancreas metastatico, che abbia risposto bene a un particolare regime di chemioterapia“. Per i pazienti significa sostituire la chemio con delle pillole da assumere a casa: “Si tratta della prima terapia di mantenimento per questi casi, per di più una terapia domiciliare“, sottolinea l’oncologa.
L’obiettivo è che assumendo il farmaco, dopo alcuni cicli di chemioterapia a base di platino, “il tumore al pancreas e le metastasi – prosegue Bagalà – restino stabili. Ma pensiamo, sulla base dei dati clinici disponibili, che ci possa essere un’ulteriore risposta terapeutica e che la malattia possa continuare a ridursi“.
Secondo i risultati dello studio Polo, presentati a giugno all’ultimo congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), rispetto al placebo, la terapia di mantenimento con olaparib riduce del 47% il rischio di progressione della malattia. Un dato significativo, visto che l’attuale standard di terapia nel tumore del pancreas metastatico offre una mediana di sopravvivenza libera da progressione di malattia di soli 6 mesi. E fino a oggi, nessun trattamento di mantenimento per questa neoplasia aveva migliorato la sopravvivenza libera da progressione.
Anche per il pancreas, dunque, è caccia alla mutazione. “E’ ormai sempre più frequente nella pratica clinica anche per il tumore del pancreas – afferma Bagalà – eseguire il test genetico del Brca: se il gene risulta mutato possiamo dare al paziente la chemioterapia più efficace e disponiamo poi di una terapia di mantenimento“. Anche per questo tumore, seppur a piccoli passi, la ricerca apre la strada a trattamenti ‘su misura’, in base alle mutazioni del profilo genico-molecolare del paziente.