Per una donna, dopo una diagnosi di tumore comincia un percorso fatto di esami, consulti, terapie. Ed insieme, inizia anche un viaggio dentro di sé, dentro le proprie paure, incertezze e speranze. Spiegare cosa possono fare la medicina e l’associazionismo in questa complicata fase è stato il tema dell’incontro che si è tenuto alla Clinica Columbus di Milano, ideato e promosso da Guna, azienda farmaceutica italiana leader nella medicina low-dose e dall’Associazione Libellule, onlus che accompagna le donne colpite da tumore, con un percorso personalizzato, a riappropriarsi del quotidiano nel momento più difficile della malattia: dopo l’intervento, quando le terapie successive mettono a dura prova la femminilità.
Nel corso dell’incontro, medici e volontari hanno dibattuto dell’importanza di ricorrere a strumenti di vario tipo in grado di integrare e supportare i trattamenti considerati gold standard per molte patologie. “Un essere umano – ha spiegato Marco Del Prete, presidente dell’International Academy pf Physiological Regulating medicine- è una complessa rete di oltre 40 miliardi di cellule ed il cancro ne rappresenta solo una parte. Quello che la medicina delle basse dosi si prefigge di fare è di comunicare con le cellule sane e sostenerle nel processo di guarigione“.
Al centro di questa strategia terapeutica, continua, “vi sono le molecole messaggere (citochine, ormoni, fattori di crescita, neuromediatori, neuropeptidi) che sono in grado di rimodulare il network neuro-immuno-endocrino. Più in generale, accanto alla cura della malattia che opportunamente si basa su linee guida condivise, in questo caso la low-dose medicine si occupa della cura della persona che è un mistero biologico unico ed irripetibile“.
“Dieci anni di ricerca scientifica nel campo della low dose medicine – ha aggiunto Alessandro Pizzoccaro, presidente di Guna S.p.a. – hanno dimostrato la validità dell’approccio concettuale, l’efficacia e la sicurezza dell’intervento terapeutico basato sulla somministrazione orale di dosi basse di molecole messaggere attivate. Come operatori di mercato siamo costantemente impegnati, da un lato, nel sostegno di iniziative in grado di promuovere conoscenze sui progressi fatti in questo campo e, dall’altro, nel rafforzamento dei processi di ricerca e sviluppo per garantire tecnologie capaci di produrre farmaci low dose in grado di ottenere gli stessi effetti terapeutici di farmaci contenenti alte dosi di signaling molecole ma in assenza di effetti avversi“.
Sull’importanza e le attività di sostegno da attuare durante il decorso della malattia si è concentrato, invece, l’intervento della responsabile dell’associazione Libellule. “La donna, dopo il trauma oncologico – ha spiegato la fondatrice Paola Martinoni – è distrutta nella sua femminilità: ha bisogno di sentirsi accudita, presa per mano e, quasi con gli occhi chiusi, lasciarsi andare alle cure, ai consigli di chi si prende con coraggio a cuore la sua rinascita. La donna non ha più la forza di saper decidere, ha solo tanta paura. Prendere per mano, per noi libellule, vuole dire aiutare con energia positiva, che viene direttamente dal cuore, è saper essere una guida fondamentale per quella donna che da larva deve poter trasformarsi in libellula e con quelle meravigliose ali cangianti, poter volare in alto e rinascere“. All’incontro hanno preso parte, inoltre, Stefano Zurrida, chirurgo oncologo dell’ Istituto dei Tumori Milano e presidente Eurama; Giovanna Masci, oncologa dell’ Istituto Clinico Humanitas, Rachele Ferrara, medico ed esperta di medicina integrata.