Oltre 4 milioni di morti in Europa ogni anno sono addebitabili alle malattie cardiovascolari.
“Per quanto riguarda l’Italia, i dati del Global Burden of Disease 2017 indicano 217 mila decessi, di cui 46 mila imputabili al mancato controllo dei valori di colesterolo“, ha evidenziato Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto della Società italiana di cardiologia (Sic), che apre oggi il suo 80° Congresso nazionale a Roma.
Secondo gli esperti, l’evento chiave di inizio dell’aterosclerosi è l’accumulo di colesterolo “cattivo” Ldl all’interno delle arterie: numerosi studi clinici hanno recentemente dimostrato che abbassare ulteriormente il colesterolo Ldl, oltre i livelli che fino a pochi anni fa si ritenevano accettabili, determina un effetto benefico con riduzione del rischio cardiovascolare. Devono prestare maggiore attenzione soprattutto i pazienti con malattia aterosclerotica cardiovascolare, quelli che già hanno avuto un infarto cardiaco, i portatori di stent o chi è stato già sottoposto a intervento chirurgico di by-pass. Sono inoltre ad alto rischio i pazienti con diabete che abbiano già manifestato complicanze in altri organi, quelli affetti da ipercolesterolemia familiare o grave malattia renale cronica. A tutti questi pazienti è fortemente raccomandata una terapia più intensiva per abbassare i livelli di Ldl. Soprattutto chi ha avuto già un infarto o un ictus, ma anche i pazienti che hanno il diabete da molti anni, sono quelli che devono abbassare il colesterolo Ldl a valori inferiori a 55 mg/dL.
Più basso è il colesterolo, migliore è la prognosi. “Non esiste un limite inferiore di colesterolo Ldl noto per essere pericoloso – rileva Perrone Filardi – Le linee guida mirano a garantire che i farmaci disponibili (statine, ezetimibe, inibitori del Pcsk9) siano utilizzati nel modo più efficace possibile per abbassare i livelli nei soggetti più a rischio. Si raccomanda che tali pazienti raggiungano sia un livello target di colesterolo Ldl (che nei pazienti ad alto rischio deve essere inferiore a 55 mg/dL) che una riduzione relativa minima del 50% dei valori basali. Oggi inoltre nuovi farmaci, ancor non entrati nella pratica clinica, come l’acido bempedoico, saranno disponibili nel prossimo futuro“.
“I farmaci con cui si inizia il trattamento dell’ipercolesterolemia sono le statine: sono molto ben tollerate e i benefici delle statine superano di gran lunga i loro pericoli. Se le statine e l’ezetimibe non sono sufficienti a ridurre i livelli di colesterolo, possono essere usati gli inibitori di Pcsk9, molto potenti, che sono somministrati una o due volte al mese. Tali farmaci riducono i livelli di colesterolo anche nei casi in cui per varie ragioni non si riesce a raggiungere il target ottimale di Ldl. Quindi oggi non esiste un paziente in cui non si riesce a ridurre i livelli di colesterolo,” dichiara Francesco Barillà, professore di Cardiologia all’Università Sapienza di Roma. “Purtroppo sono oltre 15 anni che diciamo che il colesterolo si deve abbassare il più possibile ma il messaggio stenta a diffondersi capillarmente,” conclude Francesco Romeo, presidente della Fondazione italiana cuore e circolazione Onlus e direttore della Uoc Cardiologia del Policlinico Tor Vergata di Roma.