Con il cancro al polmone Paolo ha conquistato lo Stelvio in bici

"Ho sempre sognato di scalare lo Stelvio, un’impresa epica per ogni ciclista. Ma non l’avevo mai fatto. Poi ho deciso di affrontarlo durante la malattia"
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Un ciclista scalatore con il sogno di arrivare fino sullo Stelvio. Fino a quando, due anni fa, Paolo ha avuto la diagnosi di tumore al polmone con riarrangiamento del gene Alk (una mutazione genetica che rende questo tipo di tumore diverso da tutti gli altri). Un incubo che ha costretto Paolo a mettere il piede a terra. La sua storia è stata tra i protagonisti dell’evento ‘Time to tAlk’, il ciclo appuntamenti nei centri d’eccellenza italiani, che ha fatto tappa a Milano all’Istituto tumori. L’iniziativa è stata organizzata con il patrocinio delle associazioni pazienti Ipop e Walce, della Società italiana di medicina narrativa (Simen) e resa possibile grazie al sostegno di Roche Italia. Paolo in sella ci è risalito e ha conquistato lo Stelvio.
Non è facile parlarne, perché ammettere di essere malato è come ammettere di essere debole – ha racconta Paolo, manager e grande sportivo, durante ‘Time to talk’ – E così, ti nascondi. Ma è un errore e l’ho capito con il tempo. Questa malattia è in qualche modo ‘moderna’ perché grazie alle terapie innovative le debolezze fisiche sono più tollerabili del peso psicologico. E così, ti rendi conto che devi fare qualcosa e non puoi delegare tutto solo alla terapia. Io sono risalito in bicicletta, la mia grande passione. Ho sempre sognato di scalare lo Stelvio, un’impresa epica per ogni ciclista. Ma non l’avevo mai fatto. Poi ho deciso di affrontarlo durante la malattia perché ho voluto dire a me stesso ‘questa salita è tremenda ma tu ce la puoi fare anche così’. E ce l’ho fatta”.
Lo sport mi ha aiutato, nel fisico e nella mente. Certo, non dico che tutti debbano pedalare scalando lo Stelvio ma invito tutti a non mollare, a farsi aiutare dallo sport, a ‘riaccendere’ le passioni – ha ricordato Paolo – E poi ad informarsi e parlare con il proprio medico di ciò che si è scoperto, di quello che altri pazienti nelle tue stesse condizioni ti hanno detto. L’innovazione delle terapie ci sta dando grandi risultati, altrettanti ce ne può dare l’innovazione nei rapporti. La vita non è solo dei sani. E ci devi fare i conti. Ma la salita non deve fare paura perché si può essere sereni e dare serenità“.
Tante storie, tante vite, tante esperienze hanno unito le fila di ‘Time to tAlk’ ed un fattore comune: quella mutazione genetica che rende questo tipo di tumore al polmone diverso da tutti gli altri. Perché oggi non ci si limita a fare una diagnosi di tumore al polmone ma è possibile avere, grazie ai test molecolari, la ‘carta d’identità’ di quel tumore, conoscerlo nei dettagli e, scoprire se si tratta di una forma che presenta una particolare mutazione genica (come Egfr, Alk, Ros1) e, quindi, può essere trattata con farmaci altamente selettivi, ‘a bersaglio molecolare’. Nel caso del tumore al polmone con il riarrangiamento del gene Alk la terapia a bersaglio è una realtà concreta ed è quindi corretto fare tutto il possibile, in fase di diagnosi, per capire se è una strada da percorrere.
Eventi come ‘Time to tAlk’ segnano un passaggio importante verso una comunicazione disegnata sul paziente – ha spiegato Silvia Novello, professore ordinario Oncologia medica dell’Università degli Studi di Torino e Presidente Walce onlus – e focalizzare l’attenzione su un determinato gruppo di pazienti, come in questo caso quelli con tumore al polmone con riarrangiamento di Alk significa venire incontro in modo migliore alle loro esigenze. Sono pazienti per i quali abbiamo a disposizione una terapia personalizzata in compresse che ci consente di migliorare le loro aspettative di vita sia in termini di tempo aggiunto sia anche di qualità di vita. Ma affinché ci sia davvero qualità di vita è necessario che ci sia una corretta informazione oltre che un adeguato supporto terapeutico“.
L’appuntamento ‘Time to tAlk di Milano segna un passaggio importante in questa nuova visione del ruolo attivo del paziente in oncologia e il programma è stato redatto da un’associazione come Ipop che ha fatto dell’advocacy un suo punto di forza. “La cultura della ‘patient advocacy’, in Italia, in oncologia sta nascendo ora ma è fondamentale – ha rimarcato Marina Garassino, responsabile della Struttura semplice di oncologia toracica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano – oltre che innovativa. Non siamo più in presenza di pazienti ‘portatori di bisogni’ ma di protagonisti attivi nel percorso di cura. ‘Time to tAlk’ ha due punti di forza: da una parte l’apporto dato da tutti gli esperti nel fornire più informazioni possibili e in più ambiti possibili in modo da aiutare pazienti e caregivers ad affrontare la malattia e a conoscerla meglio; dall’altra quello decisamente innovativo della community di pazienti che diventano anche un’interfaccia per noi medici e possono essere di aiuto davanti ad una scelta terapeutica che diventa un percorso condiviso“.
È una vera e propria rivoluzione, dunque, quella che si sta compiendo nel rapporto medico-paziente e che nel caso dei pazienti con tumore al polmone con riarrangiamento di Alk sta dando concretamente dei frutti. Ma perché il paziente possa essere davvero protagonista del suo percorso terapeutico è fondamentale la rete tra pazienti e con le associazioni. “Come Associazione Ipop crediamo fortemente nel progetto ‘Time To tAlk’ – ha avvertito Cinzia Borreri, uno dei soci fondatori di Ipop onlus e membro del Consiglio Direttivo- e in particolare abbiamo partecipato attivamente all’organizzazione dell’appuntamento di Milano dove abbiamo cercato di dare voce anche a tutte quelle figure che il paziente non incontra così spesso, come il nutrizionista, lo psiconcologo, l’esperto di attività fisica e riabilitazione perché abbiamo voluto dare un valore aggiunto concreto da affiancare alle terapie che il paziente segue“.

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