I prezzi alimentari mondiali sono notevolmente aumentati a novembre, raggiungendo il punto più alto in oltre due anni, trainati dai rialzi dei prezzi internazionali della carne e degli oli vegetali.
L’Indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari, che misura le variazioni mensili dei prezzi internazionali delle materie prime alimentari comunemente commercializzate, nel corso del mese ha registrato un valore di 177,2 punti, un aumento del 2,7% rispetto a ottobre e del 9,5% rispetto allo stesso periodo del 2018.
A novembre l’Indice FAO dei prezzi degli oli vegetali è aumentato del 10,4%, mentre le quotazioni dell’olio di palma sono aumentate in seguito alla forte domanda mondiale di importazioni, al maggiore impiego per la produzione di biodiesel e alle scarse prospettive di approvvigionamento per il prossimo anno. Anche i valori dell’olio di colza e di soia sono aumentati.
L’Indice FAO dei prezzi della carne è aumentato del 4,6%, il maggiore aumento mensile in oltre 10 anni. Le quotazioni per la carne bovina e ovina sono aumentate maggiormente, sostenute da una forte domanda d’importazione, specialmente dalla Cina, in vista delle festività di fine anno. In aumento anche la carne di pollame e maiale.
L’Indice FAO dei prezzi dello zucchero è aumentato dell’1,8% da ottobre, sostenuto dalle crescenti indicazioni che il consumo mondiale di zucchero nel prossimo anno supererà la produzione – ostacolata da condizioni di crescita non ideali in Thailandia, India, Francia e Stati Uniti d’America.
Viceversa, l’Indice FAO dei prezzi dei cereali è sceso dell’1,2% a causa della forte concorrenza tra i principali esportatori mondiali di grano. Anche i valori del riso sono diminuiti, mentre i prezzi all’esportazione del mais statunitense hanno subito una forte pressione al ribasso, nonostante quelli di Argentina e Brasile siano rimasti generalmente più stabili.
Da ottobre l’Indice FAO dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari ha subito una leggera impennata quando la produzione di latte in Europa è entrata nel suo calo stagionale e la domanda globale è rimasta forte.
Produzione cerealicola record prevista per il 2019
La FAO ha inoltre pubblicato una nuova previsione per la produzione cerealicola mondiale 2019, prevedendo un raccolto di 2.714 milioni di tonnellate, pari al 2,1% in più rispetto al 2018.
L’ultima revisione al rialzo, riportata nel nuovo Bollettino FAO sull’Offerta e Domanda di Cereali pubblicato oggi, riflette raccolti di cereali secondari superiori alle previsioni precedenti in Cina, Federazione Russa e Ucraina. La produzione mondiale di cereali secondari, mais compreso, è ora prevista a 1.433 milioni di tonnellate, un valore leggermente inferiore al livello record registrato nel 2017.
In seguito alla revisione al rialzo per l’Unione Europea, la produzione mondiale di grano nel 2019 dovrebbe aumentare del 4,8% dal 2018, raggiungendo i 766,4 milioni di tonnellate. La produzione mondiale di riso dovrebbe raggiungere i 515 milioni di tonnellate, un calo di appena lo 0,5% rispetto al record del 2018, con Egitto, Madagascar e Nigeria pronti a guidare la ripresa della produzione di riso africano in questa stagione.
Le previsioni della FAO per il consumo mondiale di cereali per il 2019/20 è di 2.709 milioni di tonnellate, un incremento di circa 21 milioni di tonnellate rispetto alla stagione precedente. Al termine delle stagioni 2020 le previsioni per le scorte mondiali di cereali dovrebbero raggiungere gli 863 milioni di tonnellate. A questo livello, il rapporto tra stock finali e consumo (stock-to-use ratio) delle scorte cerealicole mondiali si avvicinerebbe al livello relativamente alto del 31%, il che indicherebbe una situazione tranquilla dell’offerta globale. Si prevede che nel 2019/20 il commercio mondiale di cereali sarà di 416 milioni di tonnellate, un aumento dell’1.1% rispetto al 2018/19.
Il clima colpisce i raccolti di cereali in Africa orientale e meridionale
Secondo il rapporto trimestrale della FAO Prospettive dei raccolti e situazione alimentare, anch’esso pubblicato oggi, sono 42 i paesi che tutt’oggi necessitano di assistenza alimentare esterna.
Rispetto al numero di settembre del rapporto, lo Zambia – colpito dalla siccità e dagli altissimi prezzi degli alimenti di base – è stato inserito nell’elenco che include Afghanistan, Bangladesh, Burkina Faso, Burundi, Capo Verde, Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Repubblica Democratica Popolare di Corea, Repubblica Democratica del Congo, Gibuti, Eritrea, Eswatini, Etiopia, Guinea, Haiti, Haiti, Iraq, Kenya, Lesotho, Liberia, Libia, Madagascar, Malawi, Mali, Mauritania, Mozambico, Myanmar, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Sudan, Repubblica Araba di Siria, Uganda, Venezuela, Yemen, Zimbabwe.
Il rapporto fornisce inoltre dati sulle inondazioni che hanno fatto seguito alla precedente grave siccità, riducendo le previsioni di raccolto in Africa orientale e le avverse condizioni climatiche che hanno causato un brusco calo della produzione in Africa Australe. I raccolti sfavorevoli e i prezzi estremamente alti degli alimenti di base nello Zimbabwe, paese con un’economia fortemente deteriorata, probabilmente raddoppieranno il numero delle persone in stato di insicurezza alimentare nei primi tre mesi del 2020.
Mentre la produzione cerealicola nei Paesi a basso reddito con deficit alimentare (LIFDC) in Africa dovrebbe diminuire a causa delle avverse condizioni climatiche, quella dei LIFDC in Asia dovrebbe aumentare, in particolare in Afghanistan e Siria.