Greta Thunberg è la “persona dell’anno” per il settimanale statunitense di attualità TIME, che dal 1927 celebra chi “nel bene o nel male, ha fatto il massimo per influire sugli eventi dell’anno“. Ecco che tra i predecessori di Greta troviamo Hitler nel 1938, due volte Stalin (1939 e 1942), Richard Nixon (1971 e 1972), Ronald Reagan (1980 e 1983), Mikhail Gorbaciov (1987 e 1989), Bill Clinton (1992 e 1998) George W. Bush (2000 e 2004) e Barack Obama (2008 e 2012), e ancora Deng Xiaoping (1978), Vladimir Putin (2007), Angela Merkel (2015), e Donald Trump (2016).
Ecco perchè quella di Greta Thunberg è una scelta assolutamente saggia e coerente: non si tratta di un premio o di una vittoria, ma di un dato di fatto che certifica chi è stato influente, nel bene o nel male, e ha fatto discutere il mondo. Greta è lo specchio dei tempi che corrono: al netto della tenerezza che fa una bambina impegnata per il sociale, certifica la superficialità popolare e dirigenziale nei confronti della scienza. Se John Kerry, dopo aver governato il mondo (è stato a lungo senatore e segretario di stato statunitense), ha lanciato World War Zero per “combattere i cambiamenti climatici” supportato da eminenti e acclarati scienziati di fama internazionale quali Emma Watson, Leonardo di Caprio, Arnold Schwarzenegger, Bill Clinton e Jimmy Carter, come facciamo a prendercela con Greta che in una società normale verrebbe soltanto sgridata e invitata a tornare a studiare sui banchi di scuola? La ragazzina svedese è invece soltanto frutto di una società ipocrita e ignorante che fonda le proprie convinzioni sull’onda dell’emotività e per il sentito dire, mentre la scienza rimane inascoltata.
Non ci stancheremo mai di ripetere che, invece, la scienza non ha mai documentato in modo certo e inequivocabile che i cambiamenti climatici in atto siano provocati dalle attività umane, e che tutto questo tam-tam mediatico che si rincorre da decenni è servito fino ad ora soltanto alla lobby della Carbon free Economy, provocando invece danni enormi all’economia e allo sviluppo di molti Paesi del mondo (soprattutto quelli europei, e l’Italia è tra i più colpiti per l’aumento dei costi dell’energia), perseguendo un fine che ogni giorno sembra sempre più ideologico anzichè ambientale.