È nato all’alba dell’evoluzione il meccanismo che aiuta le cellule a percepire e a regolare il livello dell’ossigeno e adesso comincia a dare i suoi frutti grazie alla scoperta che ha portato al Nobel il britannico Sir Peter J. Ratcliffe e gli americani Gregg L. Semenza e William G. Kaelin. Anemia e tumori sono i principali bersagli, ma sono molte altre le malattie che potranno entrare nel mirino della ricerca, alcune delle quali ancora difficili da immaginare. Delle prospettive che la loro scoperta ha aperto alla ricerca hanno parlato oggi a Stoccolma i tre vincitori del Nobel per la Medicina 2019, nella conferenza stampa organizzata nell’Istituto Karolinska di Stoccolma a pochi giorni dalla cerimonia di premiazione.
“Molte aziende in Cina, Giappone e anche in Europa stanno sviluppando farmaci per combattere l’anemia“, ha detto Kaelin, ma in futuro nell’obiettivo di questo filone di ricerca ci sono altre malattie, come le infiammazioni polmonari e quelle dell’intestino. Le possibili cure sono legate alla possibilità di controllare la proteina chiamata Hif (Hypoxia-Inducible Factor), che come un sensore molecolare fa scattare l’allarme quando i livelli di ossigeno di abbassano al di sotto della soglia di sicurezza. L’allerta risveglia decine di geni, ognuno dei quali controlla la produzione di una proteina capace di aiutare la cellula a sopravvivere in condizioni di ipossia. Quando invece si disattiva, si lega a un’altra proteina chiamata Vhl (dal nome della malattia ereditaria von Hippel-Lindau), anche questa cruciale per le future terapie.
Per i tre Nobel, è difficile avere adesso un’idea degli sviluppi futuri. Teoricamente potrebbero essere tantissimi, quanti sono i processi fisiologici nei quali le due proteine sono coinvolte: oltre ad anemie, tumori e infiammazioni, il meccanismo riguarda sistema immunitario, sviluppo embrionale e respirazione, fino alla riparazione delle ferite. “Più in là – ha aggiunto Semenza – potranno essere considerate anche le malattie cardiovascolari. Sono tutte malattie molto diffuse e con un’alta mortalità nei Paesi occidentali. Sono anche le più ovvie, ma in futuro ce ne saranno sicuramente altre che adesso sfuggono alla nostra immaginazione“.
Potrà dare risultati interessanti anche il dialogo con altre discipline, come è accaduto nella collaborazione fra Ratcliffe e il gruppo della Scuola Superiore Sant’Anna diretto da Pierdomenico Perata e di cui fa parte Francesco Licausi; insieme hanno verificato che il meccanismo con cui le cellule animali percepiscono il livello di ossigeno è analogo a quello attivo nelle piante. Un esempio, per Ratcliffe, di come se “la scienza britannica soffrirà per la Brexit“, la ricerca continuerà a muoversi in un contesto aperto nel quale, “nonostante la Brexit, resteremo in contatto costante con la comunità scientifica internazionale“.
William G. Kaelin: “Amo fare puzzle e ora cerco una soluzione contro il cancro”
Nel cuore di William G. Kaelin, docente di Harvard e del Dana-Faber Cancer Institute’ fra i tre vincitori del Premio Nobel per la Medicina 2019, c’è una passione per i puzzle. ”Penso che proprio la mia passione per i puzzle mi abbia indirizzato sul cammino della ricerca. Volevo trovare una soluzione agli enigmi. E oggi, come nei puzzle, voglio trovare una soluzione per i miei pazienti con tumore. Sogni di ricevere questa chiamata – ricorda Kaelin in conferenza stampa oggi a Stoccolma – in cui ti dicono che hai vinto, e quando la ricevi ti sembra di sognare. Io, poi, avevo avuto un approccio matematico: avevo calcolato le mie possibilità di vittoria, scoprendo che erano vicine allo zero. Ma non proprio zero, così ho tenuto il telefono vicino al letto e ho sognato intensamente. Mi sono svegliato alle due di notte, ma niente. Poi invece la chiamata è arrivata davvero”. Una telefonata che in qualche modo ti cambia la vita. ”Ma poi, dopo tutta questa celebrità e questi party, si torna alla normalità. E la mia è la ricerca contro il cancro”.