La Car-t fornisce risultati positivi nella lotta contro il linfoma, lo rivela la società biofarmaceutica californiana, dal 2017 parte del gruppo Gilead, che al 61esimo Congresso dell’American Society of Hematology (Ash), in corso a Orlando in Florida, ha presentato nuovi dati relativi all’efficacia e alla gestione della sicurezza di axicabtagene ciloleucel. Quasi la metà (47%) dei pazienti con linfoma a grandi cellule B recidivante/refrattario trattati con axicabtagene ciloleucel, la terapia Car-T ‘targata’ Kite, è vivo a 3 anni dall’infusione.
“A un follow-up minimo di oltre 3 anni dopo una singola infusione di axicabtagene ciloleucel (follow-up mediano 39,1 mesi) – riferisce Kite – circa la metà (47 su 101, 47%) dei pazienti con linfoma a grandi cellule B recidivante/refrattario arruolati nelle coorti di fase II dello studio clinico registrativo Zuma-1 era ancora viva; la sopravvivenza globale (Os) mediana è stata di 25,8 mesi”.
“Con circa la metà dei pazienti con linfoma a grandi cellule B recidivante/refrattario arruolati nel nostro studio registrativo ancora in vita 3 anni dopo il trattamento con axicabtagene ciloleucel, stiamo per raggiungere il nostro obiettivo – dichiara Christi Shaw, amministratore delegato di Kite – ossia offrire una terapia potenzialmente salvavita per molti pazienti che in precedenza disponevano di opzioni terapeutiche limitate e che, prima dell’introduzione della terapia con recettore antigenico chimerico delle cellule T (Car-T), dovevano affrontare una prognosi sfavorevole: questo sostanzia ulteriormente la nostra attuale leadership nelle terapie cellulari, nonché il nostro impegno nella cura dei pazienti”.
Al meeting dell’Ash sono stati presentati anche i risultati aggiornati di uno studio separato sulla gestione della sicurezza della terapia Car-T (Zuma-1 Cohort 4). In quest’analisi, i pazienti con linfoma a grandi cellule B recidivante o refrattario trattati con axicabtagene ciloleucel hanno ricevuto un intervento precoce con steroidi non appena subivano eventi neurologici di grado 1 o Crs (sindrome da rilascio di citochine) di grado 1, quando non erano stati osservati miglioramenti dopo 3 giorni di terapia di supporto. Inoltre, i pazienti erano autorizzati a ricevere una chemioterapia ‘ponte’ (bridging) opzionale prima dell’infusione con axicabtagene ciloleucel.
“Nel corso dell’analisi – riporta Kite – 41 pazienti hanno ricevuto axicabtagene ciloleucel, con un follow-up mediano di 8,7 mesi; il 73% ha ricevuto corticosteroidi e il 76% tocilizumab. L’uso precoce di steroidi è sembrato diminuire le percentuali di pazienti con Crs di grado maggiore o uguale a 3 (?3, 2%) e con eventi neurologici (17%), ciascuna delle quali era inferiore ai tassi nelle coorti registrative di Zuma-1 (13% con Crs grado ?3, 31% con eventi neurologici di grado ?3). Inoltre, nello studio Zuma-1 Cohort 4 non si sono verificati eventi neurologici o Crs di grado 4 o 5, né eventi avversi di grado 5 correlati ad axicabtagene ciloleucel. Il tasso di risposta obiettiva valutato nello studio Zuma-1 Cohort 4 è stato del 73%, con il 51% dei pazienti che ha ottenuto una risposta completa. Il follow-up mediano è stato di 8,9 mesi. Il 54% dei pazienti in questa coorte ha mantenuto una risposta continua per almeno 6 mesi di follow-up dopo l’infusione con axicabtagene ciloleucel. La Os mediana nello studio Zuma-1 Cohort 4 non è stata raggiunta”. “I risultati di Zuma-1 Cohort 4 – commenta Max S. Topp, sperimentatore dello studio, professore di Ematologia e responsabile del Dipartimento di Ematologia dell’ospedale universitario di Wuerzburg (Germania) – dimostrano che l’intervento precoce con steroidi ha il potenziale per ridurre il tasso di Crs grave e di eventi neurologici gravi, mentre sembra mantenere per axicabtagene ciloleucel un’efficacia comparabile a quella delle coorti dello studio registrativo Zuma-1. I dati di questa coorte suggeriscono che questo approccio basato su un precoce uso di steroidi potrebbe migliorare il profilo rischi/benefici di axicabtagene ciloleucel”.