Animali, tartarughe marine: nidi in calo, 6 specie su 7 a rischio estinzione

Il numero di uova deposte sulle spiagge della Guyana francese rispetto agli anni Novanta è diminuito di circa 100 volte
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Tartarughe marine in calo, il numero di uova deposte sulle spiagge della Guyana francese rispetto agli anni Novanta è diminuito di circa 100 volte, con meno di 200 nidi per stagione, rispetto ai 50mila di allora. Lo rileva lo studio ‘Turtles Under Threat’ lanciato oggi e realizzato per tracciare le migrazioni delle tartarughe liuto, la specie di tartarughe più grande al mondo, dalle aree di riproduzione in Guyana francese.

Le tartarughe marine migrano per migliaia di chilometri attraverso i mari per spostarsi tra le spiagge dove nidificano, le aree dove si accoppiano e quelle più ricche di cibo per alimentarsi. Ma a causa dei cambiamenti climatici, sottolinea l’associazione, devono viaggiare quasi il doppio per raggiungere le aree dove si alimentano, consumando una gran quantità di energia. Questo potrebbe avere impatti gravissimi sulla loro già ridotta capacità di deporre uova. Negli ultimi 500 anni le popolazioni di tartarughe marine si sono fortemente ridotte, principalmente a causa della caccia.

Oggi le principali minacce alla loro sopravvivenza sono la pesca industriale, l’urbanizzazione costiera, l’inquinamento e i cambiamenti climatici. ”Sei delle sette specie di tartarughe marine sono minacciate di estinzione e senza un’azione urgente la situazione non potrà che peggiorare”, commenta Giorgia Monti responsabile Campagna mare di Greenpeace Italia.

“Non c’è più tempo da perdere – aggiunge – i governi di tutto il mondo devono firmare un accordo globale che garantisca la reale protezione degli oceani. La comunità scientifica chiede di tutelare almeno il 30 per cento della superficie marina entro il 2030 con una rete di Santuari per permettere alla vita marina di sopravvivere in un mondo sempre più minacciato dalle attività umane, cambiamenti climatici in primis”.

Un accordo globale sugli oceani verrà definito alle Nazioni Unite quest’anno. Greenpeace ha inviato ieri al ministero degli Esteri una lettera per chiedere che l’Italia, originariamente uno dei Paesi promotori del trattato ma recentemente assente dai negoziati internazionali, assuma una posizione forte a tutela degli oceani.

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