Emissioni di HFC-21 a livelli record: le emissioni globali di idrofluorocarburo, secondo un team di scienziati guidato dall’Università di Bristol sono alle stelle. I livelli atmosferici di questo potente gas serra sembrano crescere a valori record. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications, e nasce dalla collaborazione di diversi istituti di ricerca internazionali.
Negli ultimi due decenni, gli scienziati hanno tenuto d’occhio la concentrazione atmosferica del gas idrofluorocarburo, noto come HFC-23. Questo gas ha pochissime applicazioni industriali, ma viene rilasciato in atmosfera durante la produzione di altre sostanze chimiche ampiamente utilizzate nei sistemi di raffreddamento dei paesi in via di sviluppo. I livelli di HFC in atmosfera sono quindi aumentati notevolmente, preoccupando gli scienziati, consapevoli del fatto che una tonnellata di emissioni di HFC-23 equivale al rilascio di oltre 12.000 tonnellate di anidride carbonica.
A partire dal 2015, India e Cina, ritenuti i principali produttori di HFC-23, hanno annunciato piani ambiziosi per ridurre le emissioni nelle fabbriche che producono gas. Di conseguenza, hanno riferito di aver eliminato quasi completamente le emissioni di HFC-23 nel 2017. In risposta a queste misure, gli scienziati si aspettavano un calo delle emissioni di circa il 90 per cento tra il 2015 e il 2017, che avrebbe arrestato la crescita dei livelli atmosferici. Lo studio dell’Universita’ di Bristol sostiene pero’ che dall’analisi dei dati e’ emerso un aumento record delle concentrazioni di gas.
“Da quando abbiamo visto i resoconti di enormi riduzioni delle emissioni dall’India e dalla Cina, eravamo entusiasti di dare un’occhiata da vicino ai dati atmosferici”, afferma Matt Rigby, docente di Chimica dell’atmosfera presso l’Universita’ di Bristol e membro del Advanced Global Atmospher Gases Experiment (AGAGE), che si occupa di misurare le concentrazioni di gas in tutto il mondo.
“Questo potente gas a effetto serra continua ad aumentare notevolmente nell’atmosfera da decenni ormai, e questi rapporti hanno suggerito che l’aumento avrebbe dovuto quasi completamente fermarsi nell’arco di due o tre anni. Sarebbe stata una grande vittoria per il clima”, prosegue il ricercatore. Il fatto che questa riduzione non sia avvenuta e che le emissioni globali siano invece effettivamente aumentate, è un enigma che potrebbe avere serie implicazioni per il protocollo di Montreal, il trattato internazionale nato allo scopo di proteggere lo strato di ozono.
“Per essere conforme all’emendamento Kigali del protocollo di Montreal, i paesi che hanno firmato l’accordo dovrebbero ridurre le emissioni di HFC-23 il più possibile”, spiega Kieran Stanley, principale autore dello studio e ricercatore presso la School of Chemistry dell’Università di Bristol e la Goethe University di Francoforte.
“Il nostro studio rileva che è probabile che Cina o India non siano riuscite ad attuare il loro programma di abbattimento delle emissioni come riportato”, prosegue il ricercatore. “Ora speriamo di lavorare con altri gruppi internazionali per quantificare meglio le emissioni individuali dell’India e della Cina utilizzando dati e modelli regionali, piuttosto che globali”, conclude Stanley.