Durante la conferenza annuale della Massachusetts Medical Society, che si svolge a Boston, Bill Gates ha parlato di una pandemia che avrebbe fatto milioni di morti. Era il 2018.
Una premonizione? Una semplice previsione? Per i complottisti di turno è persino possibile che il miliardario sapesse già del coronavirus, o meglio di un non ben precisato nuovo virus che avrebbe potuto colpire il Sud dell’Asia, portando oltre 30 milioni di morti in 6 mesi: “Il mondo ha bisogno di prepararsi per le pandemie come i militari si preparano alla guerra“, aveva dichiarato Gates in quell’occasione. Bill Gates aveva avallato la propria tesi con il supporto di un software che simulava la velocità di diffusione di un potenziale virus, spinto anche dai frequenti viaggi in aerei e dal degrado ambientale.
Nel video si vedeva il planisfero in time lapse, con una serie di puntini rossi che diventavano sempre più numerosi. Proprio come l’immagine a destra, che è invece di questi giorni e riguarda nello specifico la Cina e il sud dell’Asia. Nel video – come si legge su IlSole24Ore – si passa da zero, il giorno in cui viene scoperto il primo caso, a più 33 milioni di vittime in sei mesi. In base alle previsioni del simulatore le uniche aree del globo non contagiate sarebbero Australia, Africa Subsahariana e le terre glaciali del Circolo Polare Artico.
Dunque Bill Gates prevedeva una possibile pandemia incontrollabile, proveniente da uno dei Paesi in via di sviluppo, con strutture sanitarie non all’avanguardia e quindi in grado di rendere “la potenziale distruzione del virus drammatica e di una spaventosa plausibilità“. “Le crisi recenti e le epidemie hanno dimostrato sia la mancanza di preparazione nei sistemi sanitari sia la potenziale letalità dei problemi – aveva dichiarato il miliardario americano -. La febbre suina nel 2009 e l’Ebola nel 2014 hanno rivelato la nostra incapacità di controllare la diffusione delle malattie e la mancata istituzione di adeguate misure di sanità pubblica a livello locale e globale. Non c’è dubbio che ci sia la necessità di avere sistemi di rilevamento precoce e di mettere in campo una risposta globale“.