L’acqua che un tempo bagnava la superficie di Marte aveva un pH e una salinità simili a quelli degli oceani terrestri che pullulano di forme di vita. A indicarlo sono le analisi condotte dal rover Curiosity della Nasa su alcuni sedimenti argillosi prelevati nel cratere Gale.
I dati, che rafforzano ulteriormente la ricerca di tracce di vita sul Pianeta Rosso, sono pubblicati sulla rivista Nature Communications da un gruppo internazionale guidato dal Tokyo Institute of Tecnology. Gli esperti hanno analizzato i dati mineralogici e chimici che Curiosity aveva inviato sulla Terra dopo aver passato al setaccio alcuni sedimenti di smectite, un minerale argilloso trovato nel cratere Gale in cui si nasconderebbe l’impronta lasciata dall’antica acqua marziana.
Lo studio ha passato in rassegna vari parametri, come la salinità dell’acqua (ovvero la concentrazione di sali disciolti), il pH (la misura della sua acidità o alcalinità) e quello che viene chiamato ‘stato ossidoriduttivo‘, ossia la tendenza a perdere o acquisire elettroni (in altre parole, la misura dell’abbondanza di gas come l’idrogeno, proprio di ambienti riducenti, o di ossigeno, tipico di ambienti ossidanti).
I risultati indicano che i sedimenti argillosi del cratere Gale si sarebbero formati in presenza di acqua liquida lievemente salina e con un pH vicino a quello degli oceani della Terra. Siccome i nostri mari ospitano una miriade di forme di vita, è plausibile che anche l’antica acqua marziana potesse ospitare vita, per lo meno microrganismi. Alle prossime missioni il compito di trovarne le prove.