Il bilancio del nuovo coronavirus in Cina è salito a 81 vittime: lo hanno confermato le autorità sanitarie di Pechino, secondo cui i casi confermati di contagio da 2019-nCoV sono 2.744. Ben 461 pazienti si trovano in condizioni critiche, mentre i casi sospetti sono 5.794.
Tra i casi confermati, 8 si registrano a Hong Kong, 5 a Macao, 4 a Taiwan, atri 7 casi in Thailandia, 3 in Giappone, 3 in Corea del Sud, 3 negli Stati Uniti, 2 in Vietnam, 4 a Singapore, 3 in Malaysia, uno in Nepal, 3 in Francia e 4 in Australia.
Una donna di 80 anni è morta nella provincia insulare cinese di Hainan: l’anziana donna è la prima vittima del virus nell’area.
A rendere più difficile il lavoro dei medici è la possibilità che il virus si possa trasmettere anche in fase di incubazione: la modalità più probabile di diffusione, ha spiegato Feng Luzhao, ricercatore del Chinese Disease Prevention and Control Center, è attraverso il contatto con piccole goccioline: “La gente non dovrebbe uscire di casa e non dovrebbe stare in aree affollate“. Il virus appare più difficile da sconfiggere rispetto a quanto inizialmente ritenuto, al punto che la Commissione per la Sanità della municipalità di Pechino ha deciso di usare farmaci per la lotta all’HIV sui malati.
Con un bilancio in continuo aumento, la Cina tenta di contenere la malattia virale estendendo le vacanze di Capodanno lunare per indurre i cittadini a restare a casa ed evitare di diffondere l’infezione.
Gli sforzi per contenere l’epidemia sono iniziati con la sospensione del 22 gennaio dei collegamenti aerei, ferroviari e di autobus a Wuhan, città di 11 milioni di abitanti nella Cina centrale dove il virus è stato rilevato per la prima volta il mese scorso. Il blocco si è esteso a un totale di 17 città, con oltre 50 milioni di persone.
La Mongolia ha deciso la chiusura dei valichi di confine con la Cina: secondo l’agenzia Montsame, è vietato il passaggio sia di auto e mezzi che di pedoni e, come misura precauzionale, asili, scuole e università resteranno chiuse fino a domenica prossima. Dalla Mongolia non sono sinora arrivate notizie di casi confermati di contagio e nelle prossime ore dovrebbero rientrare 31 giovani che studiavano nella città cinese di Wuhan, dove si è inizialmente manifestato il virus.
Il primo caso non è partito dal mercato di Wuhan
La diffusione del coronavirus potrebbe non essere partita dal mercato del pesce di Wuhan: è emerso da una ricostruzione dell’epidemia effettuata da un gruppo di scienziati cinesi, pubblicata su The Lancet e ripresa da Science. L’articolo fornisce dettagli sui primi 41 pazienti ospedalizzati che avevano riportato sintomi confermati e riconducibili al coronavirus 2019-nCoV.
Il primo caso è stato registrato il 1° dicembre e non ha evidenziato alcun collegamento con il mercato del pesce, secondo gli autori.