Volendo fare un bilancio del primo mese invernale, dei tre complessivi, va detto che esso è evoluto in maniera abbastanza particolare, perlomeno rispetto alle tante prospettive di “mese caldo per il Mediterraneo”, emesse dei vari centri di calcolo mondiali. Vi è stata una prevalenza di alta pressione, però posizionata con asse Europa centrale e settori continentali-asiatici. Un tipo barico che, per poche mancate combinazioni, è andato poco lontano dal portare almeno due corpose irruzioni fredde anche sull’Italia. Difatti, nonostante una prevalenza anticiclonica e un tempo sostanzialmente siccitoso, i massimi di pressione si sono posti ben più a Nord del bacino centrale del Mediterraneo, soprattutto alle quote medie atmosferiche, lasciando leggermente meno esposto gran parte del Mediterraneo centro-meridionale e, per di più, anche con spazi per qualche irruzione fredda sulle nostre regioni del basso Adriatico e del Sud Italia.
Nella sostanza, un assetto barico tipico di Gennaio per il bacino centro-meridionale del Mediterraneo, solo che, a questo giro, con una leggera invadenza dell’alta pressione, tale da inibire attività depressionarie più significative. Nella prima immagine è rappresentata l’anomalia termica al suolo in questa prima metà di gennaio. E’ bene evidente, attraverso la colorazione verde chiaro-arancio-giallo e poi verso il rosso, come le temperature più calde della norma abbiano interessato l’Europa centro settentrionale e nordorientale, con massima enfasi verso la Scandinavia, i settori baltici e poi verso la Russia europea.
Tutto il Mediterraneo centro meridionale, il Sud Est Europa e il Nord Africa, sono stati interessati da temperature nella norma, colorazione bianca, o sotto la norma, colorazione a scala di blu. L’Italia centro-meridionale ha visto sostanzialmente temperature tipiche del mese di gennaio, quindi su 3/4 di nostro territorio, isole comprese, termicamente gennaio non ha evidenziato alcuna anomalia. Ciò è possibile soltanto se vi è una disposizione barica cosiddetta di “tipo meridiano” o “ibrida”, disposizione per metà meridiana e metà verso i paralleli, ma questi centrali europei. Insomma, per avere una temperatura mediterranea normale e tipica del mese di gennaio, è necessario che gli anticicloni prevalgano a Nord o a Ovest dell’Italia; naturalmente se l’anticiclone prevale in misura giusta sull’Ovest e Nord del continente, sul Mediterraneo le temperature saranno certamente anche sotto la media e il tempo più perturbato. Per avere, invece, un Mediterraneo più caldo della norma in gennaio, è necessario che vi sia un flusso zonale instabile o su base anticiclonica, ma con anticicloni disposti con assetto lungo i paralleli centro-meridionali europei e, quindi, anche su quelli mediterranei. Non è stato questo il caso, che pure si paventava da tanti centri di calcolo, in questa prima parte di gennaio 2020. Anzi, ribadiamo, è mancato davvero molto poco, (probabilmente per un fortuito gioco di modellamento delle temperature oceaniche atlantiche e non solo, SST spesso influenti sulle manovre dei centri barici, e queste magari non molto favorevoli per depressioni italiche) a che si realizzassero condizioni spiccatamente invernali per gran parte dell’Italia, soprattutto centro-meridionale.
Ciò premesso, vediamo ora quali potranno essere i possibili risvolti in questa stagione che, di fatto, sino a ora, è stata scarna di piogge e di neve, normale sotto l’aspetto del freddo. Naturalmente, va detto, stagione un po’ più calda della norma sul Nord Italia, ma proprio perché il Nord si è trovato collocato territorialmente più vicino alla figura barica di alta dominante sul Centro del continente.
Intanto, troposfericamente gli assetti non cambieranno di molto, quindi è verosimile che possa esserci ancora un periodo di 15/20 giorni in cui questa situazione un po’ ibrida possa continuare. Ciò significherebbe che sostanzialmente potremmo continuare ad avere un tipo di tempo simile a quello avuto in questa prima parte di gennaio, complici anche pochi movimenti nella parte più alta della stratosfera dove, allo stato attuale dei fatti, il VPS, ossia il Vortice Polare Stratosferico, appare abbastanza compattato in misura tale da non costituire alcuno input di svolta verso il basso.
Ribadiamo, però, che è una situazione che fotografa lo stato attuale. Infatti, volendo proiettarci più in là e andando a sondare le prospettive circolatorie in alta atmosfera, abbiamo indicazioni circa una progressiva maggiore predisposizione delle sezioni stratosferiche a incidere in maniera destabilizzante verso la parte bassa del Vortice Polare. Una indicazione in questo senso, è un palese e progressivo calo dei venti zonali atteso via via da fine mese e poi per inizio di febbraio.
A ciò andrebbero aggiunti dei rinnovati warmings stratosferici visti da diversi giorni nelle code modellistiche e coincidenti proprio, ancora una volta, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Questi frequenti riscaldamenti, seppure non particolarmente importanti in stratosfera stanno dando, dall’inizio dell’inverno e, anzi, anche dalle fasi autunnali, diverse rogne alla VPS, il quale, sebbene in diverse fasi compattato, non riesce a tenere costantemente una posizione perfettamente circolare, se non per brevi fasi. La sua “ellitticità” si propone abbastanza di frequente, anche nelle simulazioni nei prossimi 15/20 giorni.
A tutte queste analisi, aggiungiamo un’altra considerazione, fatta già in precedenti editoriali e riguardante la circolazione nella stratosfera equatoriale. Essa consiste nella conferma circa un svolta verso la negatività dei venti zonali sulla stratosfera equatoriale. Le simulazioni del modello europeo, anche queste a partire da fine mese in corso, evidenziano chiaramente un rallentamento della circolazione zonale anche in bassa stratosfera e fino alle soglie della troposfera. Evidenza questa da associare a una possibile importante svolta dell’indice invernale QBO, la cui negatività, se venisse confermata e magari si facesse anche più pronunciata, potrebbe cambiare davvero le sorti dell’inverno e magari in maniera drastica e repentina, nel corso di febbraio e con prolungamenti anche in marzo e verso la stagione primaverile.
Queste le analisi ultime circa una possibile svolta stagionale. Per il più immediato, magari qualche movimento sospetto di tipo invernale, e in virtù delle ragioni elencate sopra, potrebbe aversi anche tra fine mese e i primi 10 giorni di febbraio. Tuttavia, su questa prima possibile ipotesi di cambiamento, conviene andarci con i piedi un po’ più di piombo, poiché l’atmosfera potrebbe richiedere più tempo prima di attuare una svolta importante in termini di circolazione.
La redazione di MeteoWeb apporterà periodici aggiornamenti sulla tendenza stagionale sulla base di dati freschi via via acquisiti.