“Nel 1783 iniziò quella che è passata alla storia come la grande crisi sismica in Calabria, durante la quale si verificarono due grossi terremoti che hanno interessato la dorsale calabra dallo Stretto fino a nord”. A ricordare l’evento è il prof. Stefano Tinti docente di geofisica dell’Università di Bologna, che spiega come tra il 6 e il 7 febbraio “a Scilla avvenne il maremoto che in Italia ha causato il maggior numero di vittime: ben 1500 persone“. Ma perché così tante vittime? Lo tsunami fu causato da un’immensa frana (un fronte di circa 500 metri ed un volume di diversi milioni di metri cubi) che si era staccata dal Monte Pacì (immediatamente a Sud di Scilla), rovinando precipitosamente in mare nel giro di pochi secondi. La frana era avvenuta a seguito di un forte terremoto. “L’errore – spiega l’esperto – fu dovuto al fatto che la popolazione si era raccolta nella Marina Grande di Scilla, per via della convinzione erronea che la spiaggia fosse un posto sicuro per proteggersi da frane e scosse. In realtà è tutto il contrario: nelle zone a rischio maremoto è il luogo meno sicuro, e infatti quello fu lo tsunami che in Italia ha causato il maggior numero di morti. Alle vittime calabresi vanno sommate altre 20 circa in Sicilia”.
Accadde oggi: nel 1783 il maremoto di Scilla, lo tsunami italiano che ha causato il maggior numero di vittime
Dopo il terremoto avvenne la frana: nel giro di uno-due minuti un’enorme ondata si abbatte su Scilla, travolgendo la popolazione rifugiatasi sulla spiaggia
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