Nella provincia cinese dell’Hubei, decine di città sono in isolamento nel tentativo di impedire che il nuovo coronavirus si diffonda ulteriormente. I Paesi occidentali, nel frattempo, stanno facendo ritornare i loro connazionali rimasti bloccati a Wuhan, focolaio dell’epidemia, mettendoli in isolamento per due settimane.
La quarantena è stata a lungo utilizzata per impedire la diffusione delle malattie. Il termine stesso deriva dal primo esempio noto di questo metodo di isolamento. Mentre la Morte Nera infuriava in Europa nel XIV secolo, Venezia ha imposto una regola secondo cui le navi dovevano restare ancorate per 40 giorni prima che a passeggeri ed equipaggio fosse permesso di sbarcare. Il periodo di “attesa” fu chiamato “quarantina”, che deriva proprio dal numero 40. Non è chiaro da dove provenga il concetto dei 40 giorni, ma una possibilità è che sia un riferimento biblico: l’idea di trascorrere 40 giorni e 40 notti in mezzo al nulla come avrebbe fatto Gesù.
Nel corso del tempo, la durata della quarantena è stata ridotta, ma rimane fondamentale per limitare le epidemie nel mondo. Dal Regno Unito, per esempio, arriva il famoso esempio di Eyam, comunità inglese che si autoimpose la quarantena durante la peste bubbonica. Tra settembre e dicembre del 1665, morirono 42 residenti della comunità del Derbyshire. Nel giugno 1666, il sacerdote William Mompesson decise che la comunità doveva essere messa in quarantena. Ai suoi fedeli disse che Eyam doveva essere chiusa e che a nessuno sarebbe stato concesso entrare o uscire dalla comunità. Quell’agosto, la comunità ebbe un picco di 5-6 morti in un giorno, ma nessuno attraversò il cordone. Nel corso del tempo, il numero di casi diminuì ed entro novembre la malattia fu eliminata: l’isolamento funzionò.
Al giorno d’oggi, la maggior parte delle quarantene sono imposte dai governi o dagli organismi di sanità. “Quando sono introdotte delle misure di quarantena, non sono solo basate su calcoli medici per stabilire se saranno efficaci o meno nel bloccare o rallentare l’avanzata delle malattie infettive. Si prendono misure come la quarantena per soddisfare le aspettative di altri governi, ma anche per rassicurare la propria popolazione”, spiega Mark Harrison, professore di storia della medicina all’Università di Oxford.
A San Francisco, nel 1900, gli immigrati cinesi finirono in quarantena dopo il ritrovamento di un uomo cinese morto in un hotel. Successivamente, fu accertato che era morto di peste. Preoccupata, la polizia legò funi e filo spinato intorno ad una sezione della Chinatown. Ai residenti non fu permesso di uscire o entrare e solo la polizia e le autorità sanitarie poterono attraversare la barriera.
Durante la I Guerra Mondiale, circa 30.000 prostitute furono messe in quarantena temendo un aumento del numero delle malattie sessualmente trasmissibili. La quarantena terminò quando fu accertato che non avevano più questo tipo di malattie.
Harrison afferma che l’epidemia di Sars del 2002-2003 ha dato il via ad una nuova era nel controllo delle malattie infettive. Durante l’epidemia, le persone esposte al virus sono state messe in quarantena. Il governo cinese ha minacciato di uccidere o arrestare chiunque avesse infranto le regole e diffuso la malattia. La Sars ha rinforzato l’importanza di lavorare con altri Paesi durante una crisi sanitaria pubblica. Quando la malattia si è diffusa dalla Cina a Toronto, in Canada, sono morte 44 persone e diverse centinaia sono state contagiate. Circa 7.000 persone in Canada sono state messe in isolamento per bloccare la diffusione dell’epidemia. “Durante l’epidemia del 2003, quando ha iniziato a diffondersi ad altri Paesi, sono state ampiamente utilizzate quarantene di vari tipi. L’impiego di queste misure di contenimento ha avuto il merito di impedire che la pandemia si aggravasse più di quello che avrebbe potuto fare. Una delle lezioni che le persone hanno tratto è stata la vittoria dei vecchi metodi per la salute pubblica”, spiega Harrison.
Mentre la Cina continua con il tradizionale metodo della quarantena per rispondere al nuovo coronavirus, che ha già provocato 362 morti e 17.485 casi nel mondo (di cui 17.302 in Cina), l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha elogiato il Paese per “aver preso misure straordinarie a fronte di quella che è una sfida straordinaria”.