La Cina sta affrontando una delle più gravi epidemie del secolo, che sta avendo un impatto non solo sulla società, ma anche sulla domanda di energia e sulle emissioni del Paese. Nel complesso, le misure adottate per contenere il coronavirus hanno prodotto una riduzione della produzione del 15-40% nei settori industriali chiave. Questo con ogni probabilità ha cancellato un quarto o più delle emissioni di CO? del Paese nelle ultime due settimane, un periodo in cui l’attività dovrebbe riprendere normalmente dopo le festività per il Capodanno cinese, si legge in uno studio del sito specializzato Carbon Brief.
Nello stesso periodo del 2019, la Cina ha rilasciato circa 400 milioni di tonnellate di CO?, il che significa che il virus potrebbe aver ridotto le emissioni globali di 100 milioni di tonnellate finora. Il punto fondamentale ora è se gli impatti sono duraturi o se saranno controbilanciati o addirittura invertiti dalla risposta del governo alla crisi. L’analisi iniziale dell’International Energy Agency (IEA) e dell’Organization of the Petroleum Exporting Countries (OPEC) suggerisce che le ripercussioni dell’epidemia potrebbero ridursi fino al mezzo punto percentuale della domanda mondiale di petrolio tra gennaio e settembre di quest’anno. Tuttavia, le misure di incentivazione del governo cinese potrebbero superare questi impatti a breve termine sull’energia e sulle emissioni, come successo dopo la crisi finanziaria globale e la crisi economica interna del 2015.
Un Paese in quarantena
Ogni inverno, durante il Capodanno cinese, il Paese “chiude” per una settimana, con negozi e siti di costruzione chiusi e la maggior parte delle industrie che riduce le operazioni. La festività ha un importante impatto a breve termine sulla domanda di energia, sulla produzione industriale e sulle emissioni. In media, si legge nello studio, nei 10 giorni dopo la vigilia del nuovo anno cinese, la produzione dalle centrali elettriche a carbone solitamente cala del 50%. Quest’anno, invece, il solito calo di energia è stato prolungato di 10 giorni finora, senza segni di ripresa. Questo è dovuto all’estensione del periodo di vacanza per dare al governo più tempo per mettere l’epidemia sotto controllo. Così la domanda è rimasta contenuta, anche dopo la ripresa ufficiale del lavoro il 10 febbraio.
Nel periodo di due settimane a partire dal 3 febbraio 2020, il consumo medio di carbone alle centrali elettriche che riportano dati giornalieri è calato ad un minimo di 4 anni, senza segni di recupero nei dati più recenti, fino al 16 febbraio. L’effetto a breve termine è stato simile in diversi altri indicatori industriali. Per esempio, la produzione di carbone al principale porto carbonifero, Qinhuangdao, è scesa al livello più basso in 4 anni nelle due settimane fino al 16 febbraio. In maniera simile, il tasso di utilizzo della raffineria nella provincia di Shandong, il principale centro per la raffinazione del petrolio, è sceso al livello più basso dall’autunno del 2015, il che indica una prospettiva della domanda di petrolio fortemente ridotta. Sorprendentemente, tutti gli indicatori dell’utilizzo degli impianti industriali, come centrali elettriche, altoforni, coke, prodotti siderurgici, raffinerie, sono peggiorati ulteriormente nella settimana a partire dal 10 febbraio, quando gli affari avrebbero dovuto riprendere ufficialmente.
Nel complesso, le riduzioni nell’utilizzo di carbone e petrolio indicano una riduzione nelle emissioni di CO? del 25% o più, rispetto allo stesso periodo di due settimane dopo il periodo di festività del Capodanno cinese 2019. Questo equivale a circa 100 milioni di tonnellate di CO?, cioè il 6% delle emissioni globali nello stesso periodo.
Un’eccezione al calo più ampio è rappresentata dalla produzione primaria di acciaio, che ha continuato ad funzionare durante le vacanze prolungate. Al contrario, la produzione dei principali prodotti siderurgici è scesa di un quarto, segnando il livello più basso di 14 giorni in 5 anni. Se la domanda non si riprenderà velocemente, gli altoforni dovranno chiudere.
Un’ulteriore conferma della riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili arriva dalle misurazioni satellitari di diossido di azoto, un inquinante atmosferico strettamente associato alla combustione di combustibili fossili. Nella settimana dopo le festività del Capodanno cinese 2020, i livelli medi erano del 36% più bassi in Cina rispetto allo stesso periodo del 2019.
Impatti sulla domanda
Sebbene l’impatto a breve termine dell’attuale crisi sia grande, in termini di domanda di energia ed emissioni industriali ridotte, l’effetto diretto a lungo termine della chiusura delle fabbriche potrebbe essere molto più limitato. A parte le annuali vacanze per il Capodanno cinese, shutdown di una settimana o più non sono insoliti in Cina. Inoltre, ridurre del 25% il consumo di energia e le emissioni per due settimane ridurrebbe le cifre annuali solo dell’1% circa. La Cina, poi, ha una sostanziale sovraccapacità in tutte le principali industrie che emettono CO?, il che significa che i volumi di produzione e le emissioni possono recuperare rapidamente dopo uno shutdown.
Qualsiasi impatto duraturo sull’utilizzo di combustibili fossili deriverebbe dalla riduzione della domanda, che gli indicatori iniziali suggeriscono potrebbe avere un grande impatto. Per esempio, si legge nello studio, la vendita di auto a febbraio dovrebbe scendere del 30% sotto i livelli già bassi dello scorso anno. Se la domanda del consumatore è ridotta, allora la produzione industriale e l’utilizzo dei combustibili fossili potrebbero non recuperare, anche in caso di capacità disponibile. Alcuni analisti hanno indicato le immagini di città vuote e aziende di cellulari come prova di un simile effetto.
Il consumo di energia della Cina è pesantemente dominato dalle industrie ad alta intensità energetica e dalle merci, con il consumo di elettricità residenziale e commerciale, le auto private, ecc. che hanno un ruolo relativamente minore. Questo è ben rappresentato dal fatto che Pechino ha vissuto il suo secondo grave episodio di smog dell’anno la scorsa settimana, mentre molti si chiedono da dove derivi l’inquinamento se la maggior parte delle auto sono ferme e la maggior parte delle imprese sono chiuse. Come detto in precedenza, gli altoforni siderurgici hanno continuato a funzionare nel periodo delle vacanze estese, mentre la maggior parte delle centrali elettriche ha spento solo parte delle loro caldaie.
L’interrogativo più importante per quanto riguarda la domanda, si legge ancora nello studio, è l’effetto che l’epidemia di coronavirus ha sull’attività edilizia. Il settore si basa su lavoratori migranti che potrebbero essere ancora influenzati dalle restrizioni sugli spostamenti, dalla quarantena forzata a casa e da altre misure per giorni o settimane. Attualmente, Pechino sta esortando i governi locali a concentrarsi sul rimettere in piedi l’economia. Lo stesso Presidente Xi ha detto che la risposta al coronavirus al di fuori dell’epicentro dell’epidemia nella provincia dell’Hubei è andata troppo oltre, avvisando dei danni all’economia e mettendo in guardi contro misure più restrittive. Tuttavia, i governi locali continuano a mantenere e a rafforzare i controlli sugli spostamenti e stanno incoraggiando le imprese a restare chiuse. Questo suggerisce che sono più preoccupati di essere responsabili di una nuova epidemia che di congelare l’economia per qualche giorno o settimana in più.
Le misure prese dalla Cina e da altri Paesi per contenere il virus stanno avendo un profondo impatto anche sui volumi del trasporto aereo. Il fornitore di dati del settore OAG riporta riduzioni del 50-90% della capacità sulle rotte in partenza dalla Cina continentale e una riduzione del 60-70% dei voli nazionali all’interno della Cina continentale nelle ultime due settimane, rispetto alla settimana a partire dal 20 gennaio. Sulla base delle stime dell’ICCT, questi voli sono stati responsabili del 17% delle emissioni totali di CO? del trasporto commerciale di passeggeri nel 2018, il che implica che le cancellazioni e le sospensioni attuali dei voli hanno ridotto le emissioni globali di CO? dei voli passeggeri di circa l’11% (3 milioni di tonnellate) nelle ultime due settimane.